(di Massimiliano D’Elia) Il Parlamento turco si riunirà in sessione straordinaria giovedì 2 gennaio alle ore 14, quando in Italia saranno le 12, per anticipare il voto sulla mozione del’Akp del presidente Erdogan che autorizza l’invio di truppe in Libia a sostegno del governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj contro l’offensiva delle milizie del generale Khalifa Haftar. La riapertura ordinaria della Grande assemblea nazionale di Ankara dopo le festività di fine anno era fissata il 7 gennaio. Il testo della mozione dovrebbe giungere in Parlamento già oggi, secondo quando riportato dall’agenzia di stampa Dogan.
Una fonte francese, scrive Le Monde, ha detto che Erdogan ha comunque già inviato suoi ufficiali dell’intelligence – già impiegati in Siria – per gestire la nascente operazione militare. Nel frattempo Ankara ha utilizzato forze irregolari al di fuori della sua retribuzione provenienti dal teatro siriano. Secondo la ricercatrice siriana dell’opposizione Elisabetta Tsurkov: “La morte di soldati turchi all’estero in guerre che la popolazione non supporta, avrebbe potuto influenzare la popolarità di Erdogan”. Ora Erdogan il 2 gennaio prossimo cerca il sigillo parlamentare all’invio delle truppe regolari per non subire alcun danno alla sua immagine politica.
Milizie filo-turche dalla Siria in Libia
E’ di ieri la notizia apparsa sul profilo Facebook del Consiglio presidenziale del Governo di Accordo Nazionale (GNA), rappresentato da Fayez al-Serraj che ammoniva giornalisti locali ed internazionali a non pubblicare i video dei ribelli siriani arrivati a Tripoli con il sostegno della Turchia. Il Consiglio presidenziale ha dichiarato che i filmati non sarebbero autentici, ma sarebbero stati girati nella provincia di Idlib, in Siria, senza spiegare perchè i combattenti affermino di essere in Libia.
“L’esercito libero siriano è in Libia contro Haftar” afferma un combattente nel video in questione, chiedendo ai suoi compagni di ricordargli il nome del comandante dell’esercito nazionale libico (LNA). E’ chiara inoltre, scrive il sito Libia.it la differenza del dialetto parlato, chiunque conosca la lingua araba riconosce chiaramente l’accento libico da quello turco o siriano. Almeno 1000 combattenti sarebbero giunti in Libia in questa settimana attraverso voli di linea dalla Turchia, usando civili come scudi umani. Le linee aeree non hanno ancora commentato la notizia e non è chiaro perchè un aereo della Libyan Airlines sia atterrato ad Istanbul senza passeggeri a bordo sabato. Serraj ha accusato le pagine pro-Haftar e i sostenitori dell’esercito nazionale di diffondere video falsi, mentre i civili confermano con forza che i video sarebbero stati girati a sud di Tripoli. L’ufficio informazioni del premier ha inoltre chiesto ai giornalisti nel suo comunicato ufficiale di non diffondere i video in questione.
La posizione della Francia
Alcuni analisti osservano che il discreto sostegno di Parigi a Haftar è fornito nella speranza di una “stabilizzazione” del Sahel, da dove la Francia intende andare via a causa delle perdite di vite tra i suoi soldati e a causa del costo della missione pari a circa 700 milioni di euro all’anno. Poi vi è la mancanza di chiarezza di Washington sul dossier libico e l’impunità dei supporti militari stranieri ad Haftar, in violazione dell’embargo delle Nazioni Unite sul le consegne di armi in Libia. Lo scarso interesse internazionale ha costretto, quindi, Fayez al Serraj a cedere alle lusinghe turche, in considerazione degli aiuti tattici di qualità ricevuti da Haftar da Russia, Egitto, Emirati Arabi e Senegal.
L’Italia lasciata da sola
L’Italia anche in questa occasione è stata lasciata da sola dall’Unione Europea che ancora non ha capito che l’Italia è l’Europa del sud. L’Italia e l’Europa, quindi, spingono per una decisione politica e hanno approvato l’invio a Tripoli il prossimo 7 gennaio, di una delegazione dei ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e forse anche Inghilterra. Per fare cosa, dal momento che il 3 gennaio probabilmente le truppe di Erdogan saranno già sul terreno a sostegno di al Serraj?
L’Italia da sola non può sicuramente affrontare, ora, una situazione che si è ingarbugliata e che vede potenze come Russia e Turchia impiegate direttamente sul terreno senza alcun sigillo della Comunità Internazionale. In sostanza Putin e Erdogan stanno posizionando le loro bandierine su un Paese florido di risorse energetiche e strategico per posizione geografica. Da lì è possibile aprire a piacimento i rubinetti dei flussi migratori, favorendo anche la fuga di jihadisti verso l’occidente. L’espansione della Turchia nel Mediterraneo orientale dovrebbe far rabbrividire i nostri diplomatici capeggiati dal ministro degli affari Esteri, Luigi Di Maio. L’Italia con Eni e tantissime altre aziende ha un interscambio commerciale con la Libia di svariati miliardi all’anno, per non parlare delle implicazioni sulle esplorazioni off-shore nel Mediterraneo, dopo l’accordo libico-turco dello scorso 27 novembre, già attivo dal 9 dicembre. L’Eni con i vari programmi e gasdotti – Greenstream – Eastmed – non avrà un futuro roseo con Russia e Turchia che vogliono imporre il loro mercato energetico – Turkstream.
Allarme terrorismo degli 007 italiani
Chiara Giannini su il Giornale ha svelato che i nostri 007 hanno lanciato l’allarme: “Jihadisti in arrivo da Tripoli”. A rischio basiliche e ambasciate, il dossier classificato, scrive la Giannini, è qualcosa che il governo tace, ma che preoccupa l’intelligence italiana. Il caos libico rischia infatti di farci catapultare ex miliziani dello Stato islamico direttamente sul territorio nazionale. Tanto che in questo momento, secondo fonti vicine ai servizi, ci sarebbero alcuni soggetti ben attenzionati.
L’andirivieni delle navi Ong che fanno la spola tra le coste libiche e quelle italiane è quello che preoccupa di più. Già con la Sea Watch 3 di Carola Rackete arrivarono i tre torturatori libici poi arrestati. Il pericolo è che con la riapertura dei porti qualche altro malvivente o terrorista possa tentare di entrare in Italia. Il Viminale già a Natale ha emesso un’ordinanza con cui parla di «persistenza della minaccia terroristica internazionale». E chiede al personale di «essere sensibilizzato sulla necessità di avere un atteggiamento vigile e reattivo». L’attenzione è soprattutto per i luoghi di culto.
Ma c’è qualcosa in più, visto che l’occhio dei servizi si posa sulle ambasciate russa, turca e statunitense, osservate speciali dell’antiterrorismo a causa dei recenti fatti in Libia. D’altronde, precisa la Giannini, anche Luigi Di Maio in visita lo scorso 23 dicembre al contingente italiano in Libano lo aveva detto senza mezzi termini: “In Libia è in corso una “proxy war”, una guerra per procura, con un forte rischio per la presenza di “cellule terroristiche. Lo schema è simile a quello della guerra nella vicina Siria. E qui la questione non è tanto il rischio dei profughi, ma quella legata al terrorismo, e al rischio di cellule terroristiche”.
Così il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che la Vigilia di Natale, da Erbil, dove ha festeggiato insieme ai militari italiani impegnati in Iraq, aveva chiarito è necessaria per la Libia un’iniziativa diplomatica molto forte che deve essere assunta a livello europeo perché risolvere il problema libico attraverso le armi ha esasperato la situazione. Si tratta di un conflitto partito a bassa intensità e poi cresciuto sempre più con un innalzamento dei rischi anche per la Italia”.
Peccato che i telegiornali non parlino del dossier libico e delle ripercussioni per l’Italia