Guerra alle Ong, così il Governo con il ministro dell’Interno Salvini in testa cerca di contrastare l’attività di imbarcazioni “sospette”, verso le coste italiane.
“Sono offensive perché recano pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato; sigillare le acque territoriali ai mezzi sgraditi come quelli delle Ong”. Con questa constatazione Salvini vorrebbe imporre il “blocco navale” nel Mediterraneo che, tuttavia, per essere decretato necessita di un’ordinanza preventiva che dichiari “lo stato di pericolo”.
Il procedimento è, comunque, un percorso ad ostacoli sia per via dei malumori dell’ala di sinistra del M5S, sia perchè il decreto deve passare dal vaglio del Quirinale.
Anche la Convenzione Onu sui diritti della navigazione che fu firmata nel dicembre 1982 a Montego Bay, in Giamaica, da 155 Stati prevede all’articolo 19 le motivazioni per cui il passaggio delle navi è da considerarsi inoffensivo e quando invece può essere impedito. L’art. 19 recita che il passaggio è “pregiudizievole se la nave è impegnata in attività di minaccia o impiego della forza contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dello Stato costiero”.
Su questo punto si muoverà probabilmente il Governo che intende contrastare le Ong nel soccorso dei migranti. La contestazione contemplerà anche il dettato dell’art. 17, della stessa convenzione. In particolare la norma “vieta il passaggio in caso di carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”.
Blocco Navale
I pattugliatori nazionali, qualora ci fosse una nave in acque internazionali che dirige verso l’Italia dovranno scortarla fuori dai confini. Nel provvedimento Salvini farebbe riferimento all’articolo 650 del codice penale che punisce l’inosservanza di un provvedimento dell’autorità per equipaggi e gestori dell’ Ong che non dovessero rispettare l’interdizione ad entrare nelle acque italiane.
No Way australiano
L’intenzione del Governo italiano sarebbe quella di ispirarsi alla politica dei migranti in Australia.
In Australia, infatti, non è possibile entrare illegalmente. Le imbarcazioni non autorizzate che vengono intercettate nelle acque australiane vengono respinte e riaccompagnate nei porti di partenza. Chi non viene riconosciuto come richiedente asilo o rifugiato, invece, viene trasferito nei centri di identificazione nell’isola di Nauru o in Papua Nuova Guinea in attesa che vengano esaminate le eventuali domande di asilo.
Il 18 settembre del 2013 il governo conservatore di Tony Abbott ha avviato l’operazione ‘Sovereign Borders’, guidata dall’Australian Defence Force, con l’obiettivo di proteggere le frontiere e fermare gli arrivi via mare. La politica adottata è quella della ‘tolleranza zero‘ nei confronti di chi cerca di entrare in Australia su imbarcazioni illegali. Un’operazione politico-militare che è stata accompagnata dalla campagna ‘No way’, (letteralmente ‘non c’è storia’) nella quale il comandante dell’operazione Angus Campbell spiega politica adottata da Abbott. “Non farete dell’Australia la vostra casa” recita il messaggio, che è stato diffuso in inglese e in diverse altre lingue.
“E’ politica e pratica del governo australiano intercettare qualsiasi imbarcazione cerchi di entrare illegalmente in Australia e rimuoverla in sicurezza oltre le nostre acque – dice Campbell nel messaggio diffuso dal governo australiano -. Se viaggiate in Australia su una nave senza un visto non farete dell’Australia la vostra casa”. Le regole, spiega ancora Campbell si applicano a chiunque, “famiglie, bambini, bambini non accompagnati, educati e qualificati”. “Non ci sono eccezioni – scandisce – non credete alle bugie dei trafficanti: questi criminali ruberanno i vostri soldi, mettendo a rischio la vostra vita e quella della vostra famiglia per niente”. “Il messaggio – conclude – è semplice: ‘se vieni in Australia illegalmente su un’imbarcazione non avrai mai modo di diventare un cittadino australiano'”.