(di Giovanni Calcerano) Nel nostro mondo tecnologico le batterie sono ovunque: telefoni, computer portatili, elettrodomestici ma anche dispositivi portatili, giocattoli e applicazioni industriali. E per soddisfare le aspettative dei consumatori di oggi, queste batterie devono essere sempre più leggere, più potenti e progettate per durare più a lungo. Attualmente la tecnologia più moderna in questo campo è quella delle batterie agli ioni di litio, ma tale tecnologia è costosa e prevede la presenza di un liquido infiammabile, che può rappresentare un rischio per la sicurezza se la batteria viene usata in modo non corretto. Per soddisfare la crescente domanda dei mercati emergenti (auto elettriche, ad esempio, e stoccaggio di energie rinnovabili), i ricercatori di Empa (i laboratori federali svizzeri per la scienza e la tecnologia dei materiali) e l’Università di Ginevra (UNIGE), hanno ideato un nuovo prototipo di batteria, noto come “all-solid state”: questa batteria ha il potenziale per immagazzinare più energia mantenendo elevati livelli di sicurezza e affidabilità ed è a base di sodio, una alternativa economica al litio.
Perché una batteria funzioni, deve avere tre componenti chiave: un anodo (polo negativo), un catodo (polo positivo) e un elettrolito. La maggior parte delle batterie utilizzate oggi nelle nostre apparecchiature elettroniche si basa su ioni di litio. Quando la batteria si carica, gli ioni di litio lasciano il catodo e si spostano sull’anodo. Per evitare la formazione di dendriti di litio – una sorta di stalagmite microscopica che può indurre cortocircuiti nella batteria – l’anodo nelle batterie commerciali è costituito da grafite anziché litio metallico, anche se questo metallo ultraleggero aumenterebbe la quantità di energia immagazzinabile.
I ricercatori di Empa e UNIGE si sono concentrati sui vantaggi di una batteria “solida” per far fronte all’aumentata domanda proveniente dai mercati emergenti e per produrre batterie con prestazioni ancora migliori: ricarica più veloce insieme a maggiore capacità di stoccaggio e maggiore sicurezza. La loro batteria utilizza un elettrolito solido anziché liquido che consente l’utilizzo di un anodo metallico bloccando la formazione di dendriti, consentendo di immagazzinare più energia garantendo la sicurezza.
“Ma dovevamo ancora trovare un conduttore ionico solido adatto che, oltre ad essere non tossico, fosse chimicamente e termicamente stabile, e che permettesse al sodio di muoversi facilmente tra l’anodo e il catodo”, spiega Hans Hagemann, professore del Dipartimento di Chimica e Fisica della Facoltà di Scienze dell’UNIGE. I ricercatori hanno scoperto che una sostanza a base di boro, il closo-borano, permette agli ioni di sodio di circolare liberamente. Inoltre, poiché il closo-borano è un conduttore inorganico, evita il rischio di incendio della batteria durante la ricarica. È un materiale, in altre parole, con numerose proprietà promettenti.
“La difficoltà era stabilire uno stretto contatto tra i tre strati della batteria: l’anodo, costituito da sodio metallico solido, il catodo, un ossido di cromo sodico misto e l’elettrolito, il closo-borano”, afferma Léo Duchêne, ricercatore presso Empa. I ricercatori hanno sciolto parte dell’elettrolito della batteria in un solvente prima di aggiungere la polvere di ossido di cromo sodico. Una volta che il solvente è evaporato, hanno impilato il composito di polvere catodica con l’elettrolita e l’anodo, comprimendo i vari strati per formare la batteria.
I ricercatori di Empa e UNIGE hanno successivamente testato la batteria. “La stabilità elettrochimica dell’elettrolito che stiamo usando qui può resistere a tre volt, mentre molti elettroliti solidi precedentemente studiati sono danneggiati alla stessa tensione”, dice Arndt Remhof, ricercatore presso Empa e leader del progetto, che è supportato dalla Fondazione Nazionale Svizzera per la Scienza (SNSF) ed il Centro svizzero per la ricerca energetica su stoccaggio di calore ed elettricità (SCCER-HaE). Gli scienziati hanno testato la batteria per oltre 250 cicli di carica e scarica, dopo i quali l’85% della capacità energetica era ancora disponibile. “Ma è necessario arrivare a 1.200 cicli prima che la batteria possa essere immessa sul mercato”, affermano i ricercatori. “Inoltre, dobbiamo ancora analizzare il comportamento della batteria a temperatura ambiente in modo che sia possibile confermare se i dendriti si formano o meno, aumentando ancora di più la tensione. I nostri esperimenti sono ancora in corso.”
https://youtu.be/j1jAk3wf1Uc