Il governo chiederà ai due rami del Parlamento l’autorizzazione per deficit aggiuntivo, ritenuto indispensabile alla manovra dei record che produrrà effetti sui conti dei prossimi dodici anni. Parliamo di 411,53 miliardi di indebitamento aggiuntivo da qui al 2031, 112,6 miliardi solo nel 2020-2022, a cui si aggiunge una postilla da 29,2 miliardi all’anno dal 2032. Scrive il Sole24Ore che all’Italia serviranno almeno 10 anni di avanzi primari congrui per avvicinare la media europea del debito
La manovra oltre a mettere in campo 55 miliardi di deficit e 155 miliardi in termini di saldo netto da finanziare per contrastare gli effetti della crisi, ha intenzione di cancellare dall’orizzonte della finanza pubblica le clausole Iva nate nel 2011. Per il 2021 sono state sospese.
Il ministro dell’Economia Finanze Gualtieri nella sua introduzione al Def ha definito il Recovery Fund, lo strumento decisivo per i conti italiani, ma anche il Sure, i finanziamenti Bei e il Mes.
Secondo gli esperti la maxi manovra insieme con le misure europee sono indispensabili per affrontare una congiuntura senza precedenti, con un Pil che crolla dell’8% quest’anno per attestarsi a un – 4,7% nel secondo semestre del 2021. Il debito toccherà la cifra record del 155 per cento del Pil. I citati numeri, scaturiti dalla relazione del Tesoro italiano, precisa il Sole24Ore sono agganciati all’ipotesi di un vaccino disponibile all’inizio del 2021, e di una produzione che riparte in maniera decisa già nella seconda metà del 2020: dopo il -5,5% del primo trimestre e il -10,5% del secondo, il Pil dovrebbe crescere del 9,6% nel terzo e del 3,8% nel quarto.
Al Mef ci tengono a precisare che una seconda ondata di contagi con una replica autunnale del lockdown taglierebbe il Pil su base annua di un altro 2,8%, in larghissima parte per la ricaduta della domanda interna. A mancare sono soprattutto gli investimenti, contratti del 12,3%, e il mercato del lavoro, con una disoccupazione in salita al 11,6%, quanto detto avrà conseguenze anche sulla finanza pubblica che è costretta a sostenere spese extra. La spesa corrente passa dal 41,9% del 2019 al 47,2% di quest’anno, e le uscite totali (al netto di interessi al 3,7% del Pil) arriva ad assorbire più di metà (il 51,2%) della ricchezza nazionale, contro il 45,3% dell’anno scorso. A spingere sono prima di tutto i sussidi di disoccupazione, che crescono del 45,5%, mentre le prestazioni sociali aumentano del 6,9%.
5 Stelle sempre più divisi sul Mes
Sul Mes ieri in Aula la maggioranza ha vacillato. Sette deputati del Movimento 5 Stelle hanno votato con la destra, l’ordine del giorno contro il Mes. Si tratta di Cabras, Lombardo, Maniero, Nesci, Raduzzi, Vallascas e Vianello, astenuta la Corneli. La proposta di bloccare il Mes è stata bocciata con 216 no e 119 si. Nei giorni precedenti erano usciti dal gruppo parlamentare pentastellato, Antonio Zennaro e Fabiola Bologna.
La notizia della debolezza dei 5Stelle alla Camera poteva essere ottima per il centrodestra se non fosse che Forza Italia, tramite il suo numero 2, Antonio Tajani ha annunciato che l’orientamento del partito del cavaliere è quello di votare lo scostamento di bilancio e di non appoggiare la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Gualtieri, presentata dalla Lega.