Gen. Preziosa, immigrati e clandestini, l’Europa può fare di più

(di Pasquale Preziosa) L’Unione Europea ha da tempo stabilito una sua politica migratoria, che si ispira al principio di solidarietà.

I capisaldi di questa politica, che fanno capo agli art. 79 e 80 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, (TFUE) sono:

-la migrazione legale;

-l’integrazione,

-la lotta all’immigrazione clandestina,

-gli accordi di riammissione, nei paesi di origine dei cittadini che non soddisfano le condizioni di ingresso, presenza e soggiorno in uno degli stati membri.

Secondo l’Unione Europea, la corretta gestione dei flussi migratori, comporta anche la garanzia di un trattamento equo dei cittadini dei paesi terzi, nonché il rafforzamento delle misure di lotta all’immigrazione clandestina, compresa la tratta e il traffico di non regolari. Sempre per l’Unione Europea, il principio di solidarietà, si basa sulla equa ripartizione della responsabilità tra gli stati membri anche sul piano finanziario, previsto dall’art 80 del TFUE.

Sono seguiti nel 2014 gli orientamenti strategici con il programma di Stoccolma in tema di Libertà, Sicurezza e Giustizia, per realizzare una Europa aperta e soprattutto sicura e, nel 2015 è stata pubblicata l’agenda europea sulla migrazione.

Il tema della sicurezza e rimpatri risulta essere centrale in ogni direttiva Europea, per la migrazione irregolare parla di prevenzione e repressione della tratta di esseri umani (2011/36/UE), per il rimpatrio ha emanato anche un “Manuale sul Rimpatrio”.

Le normative europee sull’immigrazioni sono abbondanti, ma la politica italiana, vecchia e nuova, ha più volte evidenziato che, sull’immigrazione gli europei hanno preso impegni che poi non hanno onorato. Quando non si mantiene la parola, non viene meno solo il contratto, viene meno il patto che è cosa più grave sotto il profilo geopolitico.

Perché l’Italia continua a premere sui migranti irregolari, clandestini? Per una serie di ragioni prima di tutto di sicurezza e poi finanziarie. Siamo in un periodo critico per la sicurezza dei nostri paesi, il terrorismo islamico è lungi dall’esser stato sconfitto.

Il Capo dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi è vivo e vegeto, ha iniziato a uccidere gli ultimi ostaggi Drusi catturati in Siria e ora vuole costruire il califfato in Afghanistan. Al Qaeda è in buona salute sia in Afghanistan sia in altri paesi, il suo leader al Zawahiri ha rigenerato la sua fedeltà al leader dei talebani Hebatullah Akhundzada e il figlio di Osama bin Laden, Hamza, ha preso il posto del padre e ha sposato la figlia di Atta, uno dei terroristi (ingegnere) delle torri gemelle di New York. Le due organizzazioni sono in contatto per far aumentare la pressione terroristica sull’occidente.

L’Europa ha adottato, dopo ben sedici anni, il PNR (Passenger Name Record), già in uso negli Stati Uniti dopo l’11 Settembre, per verificare tutti i dati dei passeggeri, per identificare i soggetti pericolosi per la sicurezza nazionale. Nell’ambito della migrazione clandestina illegale, manca completamente il quadro identificativo dei soggetti. La migrazione legale invece, è normata, come pure quella dei richiedenti asilo.

La migrazione illegale, clandestina è il vero nodo del problema, non si sa con chi si ha a che fare, mancano le informazioni per identificare con certezza gli individui pericolosi.

Secondo esperti di terrorismo (S. Valente), “ Il terrorismo potrebbe nuovamente cambiare nome, modalità operative e strategie, radicarsi in nuovi contesti territoriali sfruttando vuoti politici e geopolitici, per poi colpire improvvisamente l’Occidente. Potrebbe trovare terreno fertile all’interno delle singole comunità nazionali occidentali sfruttando i flussi migratori (in mancanza di efficaci politiche di integrazione), la permeabilità dei confini e l’insieme di trasformazioni che hanno investito lo stato”.

Se questa è l’analisi di settore, la Sicurezza della Nazione si basa sul lavoro equilibrato tra il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario che all’unisono e in equilibrio possano garantire la prevenzione dei fenomeni terroristici nel paese, identificando gli individui pericolosi, impedendo che quelli non identificabili non debbano oltrepassare il confine: bisogna, in altri termini riportare il paese nell’ambito della legalità.

Solo la legalità assicura i sufficienti livelli di sicurezza.

Nell’analisi, sono menzionati, per i migranti, ulteriori due elementi: quello finanziario e la necessità dell’integrazione.

Il costo della migrazione ha raggiunto una ragguardevole cifra di 5 Mld/anno di euro per l’Italia, questa è oggi una spesa strutturale per il bilancio dello stato peraltro in aumento. Nella pianificazione nazionale del fenomeno migratorio, non sono noti i parametri di sostenibilità finanziaria nel tempo per il nostro paese.

Comunque, i paesi con alto debito pubblico, e tra questi l’Italia, hanno un solo compito: gestire il debito ma soprattutto, non fare ulteriore debito, pena l’instabilità del quadro finanziario e quindi del paese stesso.

L’Europa, invece, deve uscire dall’equivoco in cui si è cacciata ed esercitare realmente la solidarietà, non può fare discorsi altisonanti nel campo della difesa europea, minando alla base uno dei principi fondanti dell’unione Europea: la solidarietà è il collante per la difesa comune. L’Italia non può rinunciare, in questo grave periodo di terrorismo, alla sua sicurezza, e ora deve trovare anche i fondi per l’integrazione dei migranti presenti.

Senza integrazione, i migranti non saranno trasformati in risorsa per il paese con tutte le conseguenze immaginabili, nel campo sociale, economico e di sicurezza, ma senza compattezza istituzionale per combattere il grave fenomeno la partita è già persa.

Gen. Preziosa, immigrati e clandestini, l’Europa può fare di più