La politica degli investimenti cinesi nell’Africa centrale e i rapporti con la Francia. E l’Italia?

(di Pasquale Preziosa) La Cina è presente in 48 stati africani, sui 54 riconosciuti, e sta conducendo una politica degli investimenti ben strutturata a similitudine di quelli già in atto in Tunisia e trattati in un altro articolo.

Non può essere questa una novità per la geopolitica.

Già dal 1949, data della costituzione della Repubblica Popolare, la Cina ha rivolto attenzioni politiche all’Africa con i princìpi maoisti legati all’anticolonialismo e al supporto dei movimenti di liberazione: Terzo Mondo e non allineamento furono i concetti geopolitici sviluppati in quella epoca storica.

Storica fu la visita negli anni ’60 di Zhou Enlai che stabilì la piattaforma politica dei futuri rapporti tra i due continenti basati su: parità, reciprocità, non interferenze nelle politiche interne (Limes).

Il periodo di sviluppo economico e militare all’estero della Cina coincide con la scomparsa di Mao Zedong e il consenso all’accesso al credito statale da parte del manifatturiero cinese. Agli inizi degli anni 2000, viene condiviso il Forum per la cooperazione Cina-Africa , cui seguì un Libro Bianco vero, che andò a rafforzare i rapporti politici reciproci tra i paesi, ribadendo i princìpi concordati da Zhou Enlai.

I due continenti hanno bisogno gli uni degli altri: i cinesi hanno necessità di risorse naturali e l’Africa ha bisogno di infrastrutture. La Cina, per certi versi, sembra avere le stesse esigenze del nostro paese.

Nel 2014 la Cina ha importato dall’Africa risorse per 200 miliardi di$ e ne ha importate dall’Africa per un equivalente di 90 miliardi. L’86% delle importazioni cinesi sono petrolio e minerali. Le importazioni africane sono focalizzate per il 90% su tre settori di spicco: trasporto, manufatti e tessuti.

Chi non possiede risorse naturali si indebita con la Cina: le isole Mauritius importano per 40 volte rispetto alle esportazioni.

Il Ghana, in 10 anni, è passato da 70 milioni di $ di debito a 4 miliardi. Esiste comunque una complementarietà economica tra i due continenti. Nell’Africa centrale e in quella Ovest, la Cina sta ulteriormente incrementando le attività di investimento sostenuta dalla Eximbank (Gruppo Veneto Banca), questa è una regione africana molto francofona (Africaintelligence).

Cosa è cambiato rispetto a prima?

Sembra che ora la Cina stia incrementando molto di più il suo coinvolgimento verso la costruzione di infrastrutture “pesanti” e il conseguente management successivo delle stesse, settore prima esclusivo lasciato alla Francia.

Strade, aeroporti porti e ferrovie sono i grossi progetti cinesi in questa parte dell’Africa.

La China Communications Construction Co. (CCCC), già menzionata per la Tunisia, in Senegal inaugurerà 133km di autostrade per il collegamento delle città di Thies e quella di Touba.

In Camerun, una filiale della CCCC sta costruendo 215 km di autostrada che collegherà le città di Douala a Yaou.

In Gabon, una filiale della CCCC ha vinto un contratto, lo scorso Luglio, per la costruzione di 850 km di strade.

L’aeroporto internazionale di Lome sarà ampliato, da un’altra filiale cinese, con un nuovo terminal.

In costa d’Avorio, sono in corso lavori per la costruzione di porti e ampliamento di vie fluviali.

Tutte queste iniziative non sono negative per la Francia che, comunque si propone poi per la fase di gestione delle grosse infrastrutture, ma la situazione sta cambiando.

In Senegal, dove la Francia schiera una potente compagnia di costruzioni, guidata dal ben noto Gerard Senac, Pechino vuole far seguire alla costruzione anche la fase di gestione successiva.

La Cina ha sviluppato, nel tempo, una strategia e un piano politico, militare e economico per l’Africa con ampio beneficio per l’economia cinese, l’Europa e le ormai vecchie potenze coloniali europee, sembrano non voler impegnarsi in questo continente, ad eccezione della Francia, che è l’unico mercato potenziale per i prossimi anni, da sviluppare e stabilizzare.

L’Europa e in particolare l’Italia, soffre una forte ondata migratoria dall’Africa con grossi impatti sociali, mentre la Cina opera, in quel continente, per i propri benefici e la Francia si difende come può.

Forse è il caso di ripotenziare la nostra strategia di cooperazione per questo grande continente che presenta molte opportunità per il nostro manifatturiero, soprattutto nei trasporti, manufatti e, in parte, tessuti; l’Italia non è ricca di risorse naturali ma deve importarle come sta facendo da tempo la Cina.

Cooperare con l’Africa potrà solo efficientare il settore degli scambi commerciali con l’Italia.

La politica degli investimenti cinesi nell’Africa centrale e i rapporti con la Francia. E l’Italia?