Davide Colombo sul il Sole24Ore scrive un interessante articolo sulle riserve auree degli Stati, in riferimento al 26 settembre prossimo quando scadrà il Central Bank Gold Agreement (CBGA).
Il CBGA è l’accordo tra le maggiori banche centrali, sottoscritto a Washington nel settembre 1999, per limitare le vendite di oro da parte delle banche centrali. Cadrà quindi ogni vincolo sulle vendite di oro da parte delle 21 banche centrali che dal 1999 avevano sempre rinnovato l’accordo.
Un recente comunicato della Bce parlava del mercato dell’oro che si è sviluppato notevolmente in termini di maturità, liquidità e base degli investitori.
A partire dela 2010, a livello globale, le riserve auree delle banche centrali sono cresciute ininterrottamente e l’anno scorso gli acquisti netti hanno superato le 650 tonnellate, il top dal 1971, quando è stata decretata la fine del Gold Standard.
La maggiore parte dell’oro è andato in Cina, Russia, India, Turchia, Polonia e altri. Nonostante la flessione del 30% registrata tra il 2013 e il 2014, nell’ultimo decennio l’oro ha garantito rendimenti cumulati del 75% e per tutte le banche centrali e gli investitori le riserve auree rappresentano sempre di più un’attività sicura.
La fine del CBGA, secondo un gentlmen agreement delle 21 banche centrali, non cambierà la considerazione per le riserve auree che continueranno a rappresentare un elemento cruciale degli Stati senza prevedere vendite di rilievo. Con le quotazioni di questi giorni, ai massimi dal 2013, l’oro ha confermato il suo ruolo di safe asset in presenza di un aumento delle tensioni geopolitiche e dell’incertezza economica.
Il 7 agosto l’oro ha superato i 1500 dollari l’oncia e questo si è tradotto in un aumento consistente del valore delle riserve auree delle banche centrali. Per la Banca d’Italia che ne possiede 2.452 tonnellate ha significato un aumento di oltre il 15% rispetto a inizio d’anno per un controvalore in euro del Conto Rivalutazione ben superiore ai 100 miliardi.
Una plusvalenza che comunque non comporterà forti scossoni per nessun bilancio nazionale. L’oro rimarrà sempre dov’è stato in tutti questi anni costituendo un “bene” psicologico che tende ad assicurare gli investitori sull’affidabilità del Paese di interesse.