Non c’è pace per il Pd: ancora una volta, la quarta nell’ultimo mese e mezzo, il partito guidato da Matteo Renzi fa registrare il peggior dato dell’anno, attestandosi al 24,1%. E’ quanto emerge dalla Supermedia settimanale elaborata da YouTrend per Agi. Unica consolazione, per i dem, è che questo calo non si traduce in una crescita significativa dei principali competitor. Il Movimento 5 stelle si conferma al primo posto fra le liste con il 27,3%, manifestando grande stabilità nei consensi. Eppure, anche stavolta il M5s non riesce ad andare oltre quella sorta di “soffitto di vetro” del 28% sotto il quale si mantiene da ben sei mesi. Discorso analogo per il centrodestra, sostanzialmente fermo rispetto alla scorsa settimana e addirittura in lieve flessione rispetto a un mese fa. Forza Italia si e’ ormai attestata al terzo posto (15,4%), due punti esatti sopra la Lega (13,4%), con Fratelli d’Italia stabile al 5,1%. La notizia positiva per il centrodestra e’ costituita dal dato di coalizione (35,8%) che continua a essere molto superiore a quello delle altre due aree, complice soprattutto la sofferenza del Pd il cui dato di coalizione cala al 27,9%. Questo vantaggio del centrodestra inteso come coalizione potrebbe rivelarsi decisivo nei collegi uninominali dove basta un solo voto in più degli avversari per vincere il seggio: un vantaggio consistente a livello nazionale potrebbe tradursi in una vera e propria “landslide”. Tra i motivi dei recenti malumori di Salvini potrebbe esserci proprio questo: aver subito il ritorno mediatico di Berlusconi e il conseguente sorpasso di Forza Italia metterà la Lega in una posizione subordinata quando si tratterà di concertare le candidature di coalizione nei vari collegi uninominali. Se si voterà a inizio marzo, questa concertazione dovrà essere ultimata praticamente entro un mese e il tempo per invertire la tendenza – salvo sorprese – non sembra esserci. Intanto, il centrodestra beneficia anche della creazione della cosiddetta “quarta gamba”, la lista centrista che raccoglie varie micro-sigle che dovrebbe portare ulteriore acqua al mulino della coalizione. Per ora, a dire il vero, i sondaggi non assegnano un valore a questo neonato mini-rassemblement; il beneficio viene piuttosto dalla dissoluzione di Ap, di cui, dopo il forfait di Alfano, sono rimasti solo alcuni esponenti a dichiarare di voler continuare l’alleanza con il Pd (tra cui il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin). Molti altri sono andati con il centrodestra nella “quarta gamba”: ecco il motivo per cui Ap e’ sceso all’1,3% e anche questo contribuisce al calo del dato di coalizione del Pd. Un ultimo cenno va fatto nei confronti di Liberi e Uguali, il movimento alla sinistra del Pd che si è scelto come leader Pietro Grasso. Un mese fa i due principali soggetti fondatori (Mdp e Si) venivano stimati insieme al 5,4%: oggi sono al 6,8%. Anche questo aumento potrebbe contribuire a spiegare il calo dei democratici. C’e’ da sottolineare pero’ come non tutti gli istituti siano concordi nel segnalare un aumento di Leu: istituti come Ipsos, Piepoli e Ixe’ non registrano alcuna variazione nelle rilevazioni più recenti, Emg per La7 parla di un +0,3% nell’ultima settimana, statisticamente non rilevante. Le prossime settimane ci diranno se Liberi e Uguali saprà approfittare della crisi del Pd e dell’immobilismo del M5s o se, al contrario, ha già raggiunto il suo massimo potenziale. Tornando al Pd, anche questa settimana è difficile non cogliere un nesso con le vicende che stanno occupando le aperture di quotidiani e telegiornali – nonchè le trasmissioni di approfondimento – e cioè le dichiarazioni rese dai vari Vegas, Ghizzoni, Visco di fronte alla Commissione parlamentare di indagine sulle banche. Renzi e Orfini difendono la scelta di aver voluto istituire questa Commissione (e di farne partire i lavori a pochi mesi dalla fine della legislatura) perchè utile a fare chiarezza sulle responsabilità sulle vicende che hanno riguardato la solidità di molti istituti di credito. Ma rimane comunque discutibile la scelta di puntare i riflettori su un argomento, quello delle banche, su cui il centrosinistra da anni sconta un’associazione fortemente negativa: nel 2006 fu un’infelice intercettazione dell’allora segretario dei Ds, Piero Fassino, a dominare l’agenda mediatica per molte settimane, e a pochi mesi dalle elezioni; più recentemente, nel 2013, il crack del Monte dei Paschi di Siena (istituto storicamente legato a doppio filo alla politica e in particolare al Pci-Pds-Ds-Pd) ebbe forse un ruolo tutt’altro che marginale nel deludente risultato ottenuto da Bersani poche settimane dopo l’esplosione di quello scandalo. Come che sia, da settimane ormai il Pd è costantemente sulla difensiva: non riesce nè a imporre un tema in chiave propositiva nè ad attaccare con successo gli avversari. E questo si riflette, inevitabilmente, sulle intenzioni di voto.