(di Massimiliano D’Elia) Piattaforme di videogiochi online, scambio di ruoli, sfide emozionanti che ti tengono attaccato ad uno screen fino a farti perdere il contatto con la realtà fisica. Le emozioni e il coinvolgimento sono talmente forti da farti immedesimare nel personaggio, nella tua skin che hai creato “pagando” centinaia di euro per plasmarla al tuo carattere e renderla più bella e potente possibile per confrontarti e vincere gli altri giocatori che interagiscono sullo scenario virtuale da tutto il mondo.
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Le piattaforme di gaming si suddividono in diverse stanze che hanno un titolo a tema. Il gioco gira su un server difficilmente individuabile perchè con IP fittizio, opportunamente generato da VPN. Le stanze che vanno per la maggiore sono quelle di guerra dove i giocatori, oltre a sfidarsi in diversi ambienti operativi poi in chat private o di gruppo continuano la loro sfida personale scambiandosi informazioni e dettaggli di armamenti reali dei diversi paesi per dimostrare la propria competenza ed aumentare così la reputazione all’interno del gruppo.
Quanto raccontato apparentemente non di interesse primario è risultato comunque un ambiente ideale per diffondere circa 100 documenti di alta classifica provenienti per la maggior parte dalla Divisione J2 (Intelligence) del Pentagono. Una falla che sta creando non poco imbarazzo a tutta la comunità d’Intelligence americana per via della reputazione perduta e del fatto che in un solo colpo sono state bruciate tantissime risorse all’interno degli apparati governativi di Paesi alleati e non. Un danno incalcolabile che sta avendo riflessi anche sulle relazioni internazionali dove inizia a scricchiolare il paradigma della democrazia americana tanto sbandierata alle autocrazie di mezzo mondo.
Le indagini corrono spedite perchè alleati e partner pretendono una valutazione del danno arrecato e soprattutto dirimere le varie congetture trapelate dai documenti dello scandalo. I Paesi finiti nel mirino del Pentagono Leaks sono la Corea del Sud, l’Arabia Saudita, l’Egitto, la Serbia e forse anche qualche Paese del Five Eyes di cui fanno parte Stati Uniti – Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito.
Le indagini sui documenti segreti sottratti al Pentagono e diffusi online ora si concentrano sulla piattaforma Discord, usata per scambiare testi e filmati ma anche per chat di messaggi e conversazioni vocali. Un canale nato per gli appassionati di giochi online e che si sarebbe dimostrato molto difficile da intercettare.
Il sito investigativo Bellingcat e l’agenzia stampa Associated Press hanno approfondito la vicenda con due indagini distinte. Anche se appare sempre più inverosimile la longa manus dei servizi russi, Aric Toler del sito investigativo Bellingcat ha dichiarato a Repubblica che potrebbe trattarsi di una bravata finita male. Qualcuno a conoscenza o in possesso di tali documenti avrebbe messo in rete le preziose informazioni come sfida in una delle stanze del citato mondo virtuale. L’Ap ha identificato il nickname della fonte originaria in tale “the O. G.”.
A partire dal 13 gennaio scorso O.G. ha messo in rete foto dei dossier top secret su una chat di Discord chiamata Thug Shaker Central. Agli inizi di marzo circa trenta documenti sarebbero stati trasferiti su un’altra sezione di Discord, WowMao. A metà marzo tali documenti sarebbero arrivati su una pagina dedicata del gioco Minecraft. Successivamente sono finiti su siti come 4Chan per poi inondare agli inizi di aprile reti social più commerciali e pervasive come Telegram e Twitter.
In 77 giorni la bomba ad orologeria è scoppiata innescata forse per caso o forse volutamente da chi vuole porre la parola fine alla guerra in Ucraina, screditando la democrazia americana agli occhi del mondo intero. All’unilateralismo statunitense si contrappone l’idea di un mondo multipolare palesato sia da Xi Jinping che da Vladimir Putin.
L’Ap ha parlato con uno dei membri il quale sostiene che era in una conversazione proprio con la persona che da mesi stava pubblicando i documenti quando il New York Times ha denunciato la divulgazione delle pagine top secret: «Non riuscivamo a crederci…». La fonte dell’Ap ha accettato di spiegare le circostanze dei leaks per scagionare chi c’è dietro il nickname Lucca e ha postato sui social molte delle pagine poi esaminate dai media. «Lucca è solo un bambino, li ha messi in rete ma solo per fare casino». Invece chi ha inserito per la prima volta i materiali si è presentato come “the O. G.“. Non sembrava agire per motivi ideologici o per svelare segreti di Stato, ma solo per impressionare gli altri compagni di chat, sostengono due membri intervistati da Bellingcat. Ma il testimone dell’Ap si dice pronto alla rappresaglia se the O. G. o Lucca saranno arrestati: «Ho copiato centinaia di quelle pagine, se li mettono in cella le divulgherò tutte».
Nella chat del gioco War Thunder sono stati inseriti file classificati relativi ad armamenti di diversi Paesi: statunitensi, francesi e persino cinesi. Si pensa che chi li ha postati volesse solo dimostrare agli altri giocatori di avere ragione nella discussione o spingesse per un miglioramento del wargame. Insomma, si erano talmente appassionati alla partita da rischiare di finire agli arresti per spionaggio.
Tra le ipotesi c’è quella di un ragazzo, figlio di un funzionario dell’intelligence, che avrebbe fotografato con il cellulare alcune schermate apparse nel computer classificato del padre.
L’Intelligence non ha voluto dire se i file fossero autentici, ma ha ammesso che le foto finite nei forum erano delle stesse, identiche dimensioni di quelle fornite ad alti dirigenti dei Servizi segreti americani sui loro computer.
Gli sviluppatori di War Thunder per eventi simili di diffusione di notizie “particolari”, già in passato hanno dovuto emanare politiche specifiche contro la condivisione di materiale riservato sui loro forum.
Le agenzie di intelligence sono da tempo consapevoli della necessità di monitorare le comunità di gioco. Nel 2013, la cache di documenti trapelati dall’appaltatore della NSA Edward Snowden ha rivelato che l’agenzia stava monitorando attivamente Xbox Live, la piattaforma di chat vocale per la console di Microsoft, e aveva persino schierato agenti della vita reale nel mondo virtuale di Azeroth, l’ambientazione della serie World of Warcraft.
Un documento, scritto nel 2008 e intitolato Exploiting Terrorist Use of Games & Virtual Environments, avvertiva che era rischioso lasciare le comunità di gioco sotto-monitorate, descrivendole come una “rete di comunicazione ricca di obiettivi”. Il report avvertiva anche che tante agenzie d’intelligence straniere stavano conducendo operazioni all’interno delle piattaforme di gaming.