Per Israele la sicurezza resta la priorità

di Antonio Adriano Giancane

Israele non desidera una guerra su larga scala“. È questo il messaggio che il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito con forza nelle sue ultime conferenze stampa, sottolineando però la “necessità vitale” di proteggere la popolazione israeliana e ripristinare la sicurezza, in particolare nel nord del Paese. L’urgenza di difendere il territorio è stata accentuata dagli eventi del 7 ottobre 2023, quando Hamas, uscendo dalla striscia di Gaza attaccarono di sorpresa il territorio di Israele uccidendo almeno 1.194 persone fra civili israeliani e militari, e rapendo circa 250 di questi, catturati e portati prigionieri in nascondigli entro la striscia di Gaza.

Israele, attraverso la sua intelligence, ha da sempre adottato una strategia preventiva per neutralizzare le minacce prima che si materializzino. Secondo il “Wall Street Journal”, questa strategia è stata recentemente confermata da alti funzionari israeliani, che hanno rivelato come l’esercito abbia condotto, a partire dal novembre scorso, circa 70 incursioni nel sud del Libano da parte di piccoli gruppi di militari. Durante queste operazioni, sono stati scoperti tunnel pieni di armi che Hezbollah avrebbe potuto utilizzare per facilitare infiltrazioni di massa in territorio israeliano.

Le scoperte hanno spinto Netanyahu a ordinare un’invasione di terra “limitata” nel sud del Libano, fino al fiume Litani, zona in cui Hezbollah, secondo la risoluzione ONU 1701, avrebbe dovuto cessare le sue attività. L’obiettivo principale di queste incursioni era quindi quello di individuare e distruggere le infrastrutture militari del gruppo sciita lungo la frontiera. Un funzionario israeliano ha confermato che l’operazione potrebbe durare giorni o settimane, a seconda delle risorse trovate e dagli sviluppi diplomatici. “Dobbiamo dimostrare ai nostri cittadini che stiamo eliminando le minacce vicine al confine“, ha dichiarato il funzionario.

Secondo il “New York Times”, gli ultimi raid avrebbero distrutto circa metà dell’arsenale missilistico e razzi accumulato dal gruppo negli ultimi trent’anni. Nonostante Hezbollah mantenga un arsenale considerevole, ora starebbe cercando di rifornirsi di nuove armi dall’Iran, sponsor del gruppo sciita.

Teheran, replicando l’attacco dello scorso 13 aprile, ha reagito, con il lancio di oltre 200 missili balistici contro Tel Aviv, un’azione rivendicata dai Pasdaran come “risposta al martirio di Ismail Haniyeh, Hassan Nasrallah e Abbas Nilforoushan“. Netanyahu ha immediatamente condannato l’azione iraniana, avvertendo che “l’Iran ha commesso un grave errore e ne pagherà le conseguenze“.

La comunità internazionale ha invitato le parti interessate al cessate il fuoco condannando l’ampliamento del conflitto e chiedendo con forza di “proteggere civili innocenti”. Gli Stati Uniti intanto, pur esortando Israele a non rispondere all’attacco iraniano, ha disposto diversi invii di uomini, mezzi e materiali per rinforzare i dispositivi militari presenti nel Mediterraneo Orientale, Mar Rosso e Medio Oriente. Anche la Cina ha esortato le potenze mondiali a porre in essere ogni sforzo diplomatico per impedire che la situazione in Medio Oriente “si deteriori ulteriormente”. Preoccupazione è stata espressa anche da Pechino. “La Cina invita la comunità internazionale, in particolare le principali potenze influenti, a svolgere davvero un ruolo costruttivo e impedire che la situazione si deteriori ulteriormente“, ha affermato un portavoce del ministero degli Esteri in una dichiarazione pubblicata online.

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