(di Giovanni Calcerano) La Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha recentemente approvato l’utilizzo della prima pillola digitale che registra se i pazienti abbiano assunto o meno le proprie medicine. La pillola, chiamata Abilify MyCite, è dotata di un piccolo sensore ingeribile che comunica con un cerotto indossato dal paziente. Il cerotto, a sua volta, trasmette i dati del farmaco ad una app per smartphone e, tramite questa, il paziente può decidere se rendere visibili tali informazioni al proprio medico e ad altre persone autorizzate.
La pillola che contiene il sensore è una versione modificata del farmaco Abilify, utilizzato per trattare stati di depressione, disturbi bipolari e schizofrenia. Si tratta quindi di un medicinale vero e proprio ma, come detto, ha qualcosa in più rispetto alla classica pillola: tracciando l’uso effettivo della sostanza, viene incontro all’esigenza di aiutare ad assumere sempre le proprie dosi e a ridurre i problemi legati ad un’errata assunzione di farmaci. La pillola è stata sviluppata, attraverso anni di ricerche, dalla società farmaceutica giapponese Otsuka e dal servizio di medicina digitale Proteus Digital Health, che produce il sensore.
Tale sensore altro non è che un dispositivo miniaturizzato, delle dimensioni di un granello di sabbia, composto di silicio, rame e magnesio (elementi sicuri contenuti anche nel cibo ed eliminati per via intestinale). Quando il sensore entra in contatto con l’acido dello stomaco, genera un segnale elettrico che viene captato dal cerotto il quale, a sua volta, comunica con la app tramite Bluetooth. L’accesso alle informazioni è consentito al medico curante e fino ad altre quattro persone scelte dall’utente. In ogni caso, il paziente può revocare tale accesso in qualsiasi momento. Il cerotto deve essere sostituito ogni sette giorni
La pillola digitale arriverà nel 2018 ma il prezzo non è stato ancora deciso. I vantaggi per la collettività potrebbero essere significativi: stando ai dati riportati dall’agenzia Ansa, la cosiddetta “non-aderenza” ai trattamenti prescritti dai medici costa agli Stati Uniti 100 milioni di dollari l’anno. Gli esperti, tuttavia, hanno espresso preoccupazioni in merito all’incidenza di tale pillola digitale nel campo della privacy. Esiste infatti la preoccupazione che il controllo dell’ingestione sia uno strumento che possa portare alla sanzione dei pazienti che non si adeguano. Il dottor Jeffrey Lieberman, psichiatra della Columbia University, in un’intervista al New York Times lo ha definito l’effetto “Grande Fratello”, sollevando questioni etiche sull’argomento. Effettivamente, il fatto che lo stato di salute del paziente possa essere monitorato da persone esterne, induce a pensare che anche le aziende o le assicurazioni possano arrivare ad accedere a questo tipo di informazioni. Il dottor Ameet Sarpatwari, docente di medicina presso la Harvard Medical School, ha dichiarato allo stesso New York Times che la pillola digitale “ha il potenziale per migliorare la salute pubblica ma, se usata in modo improprio, potrebbe ingenerare sfiducia piuttosto che fiducia”. In ogni caso, secondo i produttori, un sistema analogo potrà aiutare anche i pazienti anziani colpiti da patologie neurodegenerative, che spesso dimenticano di assumere i farmaci.
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