Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ieri ha mandato un altro video per parlare alla sua gente: “il Mar Nero tornerà sicuro e nostro, tutto sarà ricostruito, la Russia non ha abbastanza missili per piegare la voglia di vivere degli ucraini”. Nel frattempo il Parlamento di Kiev ha vietato l’import di libri e giornali russi e bielorussi nelle repubbliche separatiste del Donbass. Stessa cosa per musica, concerti e film di autori russi. I soli artisti russi ammessi sono quelli che condannano pubblicamente l’invasione del Paese.
Al di là delle frasi ed azioni politiche ad effetto di Zelensky la realtà sul campo racconta un’altra storia, più dura e complessa. Nel Donbass c’è il rischio di accerchiamento delle truppe ucraine. Da Mykolaiv ci sono tentativi di spinta per strappare Kherson ai russi. Da Zaporizhzhia le postazioni di artiglieria ucraine si sono spostate dieci chilometri più a sud, verso Melitopol, arrivando ad ingaggiare le difese russe, grazie ai cannoni Nato da 155 mm a gettata più lunga di quelli a disposizione dei russi in quella zona.
Ad Est missili russi avrebbero distrutto un carico d’armi occidentali e c’è il rischio che Kharkiv, la seconda città del Paese, torni sotto i bombardamenti russi.
I quattro fronti aperti. A Sudovest tra Mykolaiv e Kherson, a Sud tra Zaporizhzhia e Melitopol a Sudest in Donbass e a Est tra Kherson e il confine russo. La differenza la fanno i cannoni a più lunga gittata. E’ diventata una guerra di posizione dove vincerà chi ha più uomini e mezzi.
Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, in un’intervista a giornali tedeschi ha detto di doverci preparare al fatto che la guerra potrebbe durare anni. La Nato sostiene che la fornitura di armi moderne all’esercito ucraino potrebbe effettivamente permettere a Kiev di liberare il Donbass. Stoltenberg: “anche se il costo è alto sia in termini militari sia civili per il prezzo dell’energia e degli alimenti, dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina“.
Sulla stessa lunghezza d’onda il premier britannico Boris Johnson: “l’Ucraina deve ricevere armi, munizioni e addestramento più velocemente dell’invasore“.
L’Unione europea pronta a fornire nuove armi
I 27 leader Ue saranno chiamati a sottoscrivere al Consiglio europeo che inizia giovedì prossimo l’impegno a fornire più armi. L’italiano Mario Draghi dovrebbe firmare un nuovo documento che oltre a fornire nuove armi all’Ucraina potrebbe aumentare la somma dedicata al supporto militare a Kiev nel quadro del fondo denominato Strumento europeo per la pace, da 2 a 2,5 miliardi di euro. Il Fondo utilizzato per inviare armi all’Ucraina è stato attivato per la prima volta il 28 febbraio scorso, con una tranche da 500 milioni di euro. Una seconda tranche di pari importo è stata poi approvata il 23 marzo, una terza il 13 aprile e una quarta il 24 maggio scorso, portando lo stanziamento complessivo a due miliardi. Lo Strumento europeo per la pace ha, ad oggi, una dotazione complessiva di 5 miliardi che serve a coprire il periodo 2021-2027.
Sull’invio di nuove armi c’è sintonia tra i paesi comunitari mentre c’è qualche discordanza sulla necessità di incrementare la dotazione del citato fondo. La Germania con Austria e Malta hanno, infatti, mostrato molta diffidenza sulla necessità di erogare ulteriori fondi.
Invece nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo non ci sono riferimenti alla necessità di raggiungere la pace né al cessate il fuoco, come invece aveva chiesto inutilmente l’Italia al vertice di maggio. Il messaggio alla Russia, invece, è netto e non lascia spazio a compromessi: “Il Consiglio europeo condanna con fermezza gli attacchi indiscriminati della Russia contro la popolazione civile e le infrastrutture civili, ed esorta la Russia a ritirare immediatamente e incondizionatamente tutte le sue truppe e le sue attrezzature militari dall’intero territorio dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale”.