Parte oggi da Verona una serie di manifestazioni, che coinvolgeranno tutte le province d’Italia, legate alla campagna della Polizia di Stato “Questo non è amore”, frutto della strategia della Direzione Centrale Anticrimine, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, in materia di contrasto alla violenza contro le donne in vista della Giornata internazionale che verrà celebrata la prossima domenica 25 novembre in tutto il mondo.
Nell’occasione, alla presenza del Capo della Polizia Franco Gabrielli, verrà presentata la seconda edizione della pubblicazione che porta il nome della campagna e che fa il punto sui dati in materia di violenza di genere in possesso delle forze di polizia, sugli strumenti a disposizione delle donne per difendersi, sulle iniziative d’informazione e sulla strategia della Polizia di Stato, con una serie di vignette che stigmatizzano comportamenti maschili ricorrenti nelle storie di violenza, come quello di giustificare nel nome dell’amore egoismo, possessività e maltrattamenti o di chiedere il fatidico ultimo appuntamento ad una donna che decide di chiudere una relazione.
Sotto il profilo dei dati, si registra per i primi nove mesi del 2018 un trend di diminuzione degli omicidi volontari del 19% (da 286 a 231 morti) che conferma un andamento già registrato negli ultimi 10 anni: ma, anche in questo arco temporale, se gli uomini vittime di omicidio volontario diminuiscono del 28%, il numero delle donne uccise cala solo di 3 unità (da 97 a 94 casi).
In questo quadro, il femminicidio (termine non giuridico, ma di uso comune) è una sottocategoria in cui rientrano solo i casi di uccisione di una donna da parte di un uomo proprio in quanto donna, come atto estremo di prevaricazione e superiorità.
Comunemente si pensa che il femminicidio sia l’omicidio avvenuto in ambito familiare o affettivo e, infatti, il 78% delle uccisioni di donne avvengono tra le mura domestiche.
Non tutti gli omicidi di donne in ambito familiare o affettivo sono, però, da considerare femminicidi, nel senso di uccisioni di donne in ragione del proprio genere. Dei 94 omicidi di donne dei primi nove mesi del 2018, 73 si sono verificati in ambito familiare, ma l’esame puntuale di tutte le drammatiche dinamiche che hanno condotto all’uccisione evidenzia che solo in 32 casi si possa propriamente parlare di femminicidio, dovendosi escludere i casi in cui, ad esempio, il marito uccide la moglie malata terminale per porre fine alla sua sofferenza, il fratello ammazza la sorella per motivi economici o il nipote uccide la nonna per l’eredità. Sono stati analizzati anche quei casi in cui il femminicidio ha provocato altre vittime innocenti, come il caso in cui il marito uccide la moglie, ma poi non si ferma e ammazza anche i figli.
La lettura dell’andamento dei “reati spia” (maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali) nel quadriennio 2014-2017 e nei primi 8 mesi del 2018 – rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – si mostra complessivamente in flessione con un sensibile aumento dell’azione di contrasto (misurata in termine di denunce e arresti).
Più in particolare:
- Atti persecutori: 8.414 sono i casi di stalking nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 9.905 nello stesso periodo del 2017 (-15,05%); l’azione di contrasto svolta dalle forze di polizia ha portato alla segnalazione all’autorità giudiziaria di 9.351 presunti autori di reato nel periodo del 2018, a fronte di 8.949 dello stesso periodo del 2017 (+4,49%);
Il numero di soggetti ammoniti per stalking registra un aumento del +23% nel periodo esaminato (passando da 672 a 827 individui).
Nello stesso periodo, solo il 19% dei soggetti già ammoniti per stalking si rendono di nuovi autori dello stesso delitto e la bassa percentuale di recidiva dimostra l’effetto positivo del provvedimento.
- Maltrattamenti in famiglia: 10.204 nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 10.682 nello stesso periodo del 2017 ( -4,47%); nello stesso periodo, l’azione di contrasto svolta dalle forze di polizia ha portato alla segnalazione all’autorità giudiziaria di 11.801 presunti autori di tale reato, a fronte di 10.644 nello stesso periodo del 2017 (+10,87%);
Il numero di soggetti ammoniti per violenza domestica registra un aumento del +31,5% nel periodo gennaio/agosto 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017 (passando da 409 a 538 individui).
Nello stesso periodo, solo il 17% dei soggetti già ammoniti per maltrattamenti in famiglia si rendono di nuovo autori dello stesso delitto e la bassa percentuale di recidiva dimostra l’effetto deterrente del provvedimento.
- Violenze sessuali: 2.977 nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 3.189 nello stesso periodo del 2017 (-6,65%); l’azione di contrasto svolta dalle forze di polizia ha portato alla segnalazione all’autorità giudiziaria di 3.217 presunti autori di reato nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 3.011 nello stesso periodo del 2017 (+6,84%);
- Percosse: 8.718 nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 9.823 nello stesso periodo del 2017 (-11,25%); l’azione di contrasto svolta dalle forze di polizia ha portato alla segnalazione all’autorità giudiziaria di 6.346 presunti autori di reato nel periodo gennaio/agosto 2018, a fronte di 6.545 nello stesso periodo del 2017 (-3,04%).
Il numero complessivo dei delitti spia con vittime di sesso femminile è stato anche rapportato alla popolazione femminile censita per singola area geografica. Ne è emerso un’incidenza del fenomeno che attraversa tutta la Penisola, con un quadro forse diverso da quello che si prospetta in genere l’immaginario collettivo, dove la Sicilia è la regione in cui le donne denunciano di più, seguita dalla Campania e dall’Emilia Romagna.
Con riferimento, invece, alla cittadinanza dei presunti autori di reato, in media il 27% sono stranieri ma la percentuale sale al 34% se si considerano i soli presunti autori minorenni.
Da un punto di vista strettamente operativo e di prevenzione, dal gennaio del 2017 è stato adottato dalle Questure di tutte le province il protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite), uno strumento che codifica le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia e consente di inserire nella banca dati delle forze di polizia (SDI) – indipendentemente dalla proposizione di una denuncia o querela – una serie di informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. Il protocollo E.V.A. ha consentito finora di gestire ed analizzare oltre 9.000 segnalazioni, portando in 159 casi all’arresto in flagranza, in 261 casi alla denuncia e in 81 all’allontanamento alla casa familiare.
“Una donna che è vittima di violenza fisica, psicologica, economica, sociale, proprio perché prevaricata in quanto donna e privata di libertà ed autonomia, si sente sola, è rassegnata, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta. Il poliziotto a cui chiede aiuto deve sapere rispondere a questo dolore, consapevole che il più delle volte l’aggressore è una persona a cui la donna è legata da vincoli affettivi che determinano una condizione di grave stress emotivo e psicologico. Non basta applicare la legge, è necessario assicurare alla donna l’accoglienza, informazioni e sostegno necessari ad uscire dalla condizione di soggezione ed isolamento che sta vivendo”. Nelle parole del Capo della Polizia, Prefetto Franco Gabrielli, tutta la strategia della Polizia di Stato a tutela delle donne, con prassi operative che vogliono informare, garantire la centralità della vittima, ascoltare e proteggere, farsi carico del dolore e fare rete con i soggetti pubblici e privati impegnati sul territorio.