La Polizia di Stato di Catania, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura, ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania, nei confronti di 4 soggetti responsabili, a vario titolo, in concorso con altri soggetti allo stato non identificati in Nigeria e in Libia, del delitto di tratta di persone pluriaggravato dalla transnazionalità del reato, dall’aver agito in danno di minori, esponendo le persone offese ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica nonché dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di sfruttamento della prostituzione.
L’indagine, condotta dai poliziotti della Squadra Mobile ha preso avvio dalle dichiarazioni rese da una giovane cittadina nigeriana, giunta presso il porto di Catania in data nel luglio 2016, unitamente ad altri 359 migranti di varie nazionalità.
Dal racconto della donna all’epoca minorenne, si apprendeva che la ragazza era stata reclutata nel paese di origine con la falsa promessa di una occupazione lavorativa da svolgere in Italia presso la sorella della donna che l’aveva reclutata: dopo essere stata sottoposta al rito esoterico ju-ju, con il quale si era impegnata a ripagare il debito di ingaggio contratto pari a circa 20mila euro, aveva lasciato la Nigeria e, attraverso la Libia, era giunta in Italia nel mese di luglio 2016.
Arrivata sul territorio nazionale la minore era stata contattata dalla “madame” che l’attendeva in Italia: la donna le aveva preannunciato che avrebbe provveduto a prelevarla dal centro di accoglienza ove era stata collocata per avviarla alla prostituzione su strada al fine di saldare il debito d’ingaggio contratto in madrepatria.
L’attività tecnica avviata, curata dai poliziotti della Squadra Mobile di Catania ha permesso di identificare la madame di appurare, altresì, che la citata minore non era un affare isolato poiché la donna aveva reclutato altre connazionali già “messe a reddito” nel settore della prostituzione su strada e aveva, altresì, il controllo di numerose postazioni lavorative nel casertano che concedeva in godimento a connazionali in cambio di un corrispettivo mensile in denaro pari a circa 100 euro (postazione che veniva chiamata “UGBO” ovvero “il terreno” ad indicare proprio i pochi metri di strada assegnati).
L’attività di indagine ha consentito, inoltre, di identificare gli altri indagati, alcuni dei quali legati alla donna da rapporti di parentela o affinità, come il di lei fratello e la moglie di quest’ultimo che risultavano svolgere la stessa illecita attività della IHAMA nel settore della tratta di esseri umani e con essa in costante contatto anche per commentare l’andamento dei reciproci affari: la donna, infatti, oltre a gestire le proprie vittime di tratta, come si è detto concedeva in godimento le postazioni su strada ad altre ragazze vittime di altre madame, sicchè dette vittime risultavano onerate del pagamento del debito di ingaggio, delle spese di vitto e alloggio alle madame che le ospitavano e del pagamento del posto di lavoro alla donna.
Di particolare interesse investigativo risultavano i commenti degli indagati in merito agli effetti dell’editto dell’ Oba di Edo State Ewuare II proclamato prima dell’inizio delle indagini, commenti registrati in costanza di attività captativa: con tale editto, infatti, l’Oba aveva “annullato” gli effetti dei riti Ju-Ju celebrati per vincolare le vittime all’ubbidienza nei confronti delle proprie madame e ciò metteva evidentemente a rischio il potere di coercizione esercitato per costringere le giovani all’osservanza.
Al riguardo alcuni degli indagati, preoccupati delle possibili ripercussioni dell’editto sull’andamento dei loro affari, proponevano peculiari interpretazioni affermando che l’Editto –al pari della legge- non potesse avere effetto retroattivo e non potesse applicarsi alle vittime già sottoposte a sfruttamento in Europa e già sottoposte in precedenza al rito Ju-Ju, altresì affermavano con certezza che l’Editto potesse valere solo per i cittadini di Edo State e non già per tutti i cittadini nigeriani (“le regole di Oba devono essere interpretate per bene !!! perchè Oba non ha mai parlato di annullare i debiti…e poi…costi quel che costi, io voglio che mi venga scontato il debito !!!…Oba non ha mai detto a nessuna ragazza che gia’ si trova qua (in Italia n.d.r.) di non pagare il proprio debito !!!…” infatti ! e poi…a me non importa di quello che dice Oba !!! tanto io non sono di Benin !!! “).
I 4 indagati, individuati nelle rispettive abitazioni dai poliziotti della Squadra Mobile di Catania, in collaborazione con i poliziotti della Squadra Mobile di Caserta, espletate le formalità di rito, sono stati associati presso la casa circondariale di Caserta a disposizione dell’A.G.