Nella mattinata di oggi, la Polizia di Stato di Pistoia, nelle province di Pistoia, Prato, Lucca, Pisa, Firenze e Roma, ha eseguito 24 misure cautelari (una custodia cautelare in carcere, 18 arresti domiciliari e 5 misure interdittive), emesse dal GIP presso il Tribunale di Pistoia dott. Alessandro Buzzegoli su richiesta del Pubblico Ministero dott. Claudio Curreli, a carico di altrettante persone gravemente indiziate, a vario titolo, di reati quali il procurato ingresso illegale e l’agevolazione della permanenza nel territorio dello Stato di più di 200 cittadini stranieri, in prevalenza provenienti dal Pakistan, corruzione, violazione del segreto d’ufficio, traffico di influenze illecite, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e materiale, furto, omissione di atti d’ufficio e cessioni di sostanze stupefacenti.
Le 19 persone arrestate sono cittadini pachistani, albanesi, marocchini e italiani.
I destinatari delle misure interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio o servizio, invece, sono due impiegati del Comune di Pistoia e un impiegato della Prefettura di Pistoia, mentre per una ragioniera consulente del lavoro e un commercialista è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dell’attività professionale. Inoltre, sono state denunciate in stato di libertà altre 240 persone.
L’attività investigativa della Squadra Mobile di Pistoia ebbe inizio nel dicembre del 2015 quando, a seguito di alcune incongruenze riscontrate dal personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura, si accertò che decine di cittadini pachistani confluivano a Pistoia da varie zone d’Italia e dall’estero per rinnovare il permesso di soggiorno oppure per ottenere il visto per il ricongiungimento familiare. Questi risultavano tutti assunti come imbianchini dalla stessa ditta intestata ad un cittadino pachistano da anni residente a Pistoia. Da qui il nome dell’operazione “White Wash”, cioè imbiancare.
Le successive indagini, sviluppatesi anche attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali e supportate da servizi di osservazione e pedinamento, hanno consentito di accertare l’irregolarità di più di 200 procedimenti amministrativi per rilascio o rinnovo di permesso di soggiorno, di cui 17 per ricongiungimenti familiare.
Beneficiari finali dei permessi erano in prevalenza cittadini pachistani, ma anche afgani, albanesi e marocchini abitanti in Italia e in altri paesi dell’Unione Europea quali Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Svezia e Grecia.
Gli stranieri pagavano per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno dai 1000 ai 1500 euro e per i ricongiungimenti familiari dai 4500 agli 8000 euro.
Il principale artefice dell’attività illecita è risultato essere proprio il titolare della ditta di imbiancatura (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere), il quale si avvaleva della collaborazione di un commercialista con studio a Montecatini Terme, di una ragioniera consulente del lavoro con studio ad Agliana e di un revisore contabile con studio a Pistoia e Montecatini Terme per la formazione della falsa documentazione reddituale e lavorativa da allegare alle istanze, nonché di vari cittadini italiani che dichiaravano falsamente l’ospitalità o di avere alle loro dipendenze gli stranieri da regolarizzare. Inoltre, beneficiava dei favori di impiegati postali compiacenti addetti alla ricezione dei Kit che gli consentivano di depositare la documentazione in assenza dello straniero che in quel momento si trovava all’estero. Infine, per agevolare le varie fasi del procedimento, corrompeva alcuni pubblici ufficiali in servizio presso gli uffici dei vari Enti competenti.
Il revisore contabile con studio a Pistoia e Montecatini Terme, oltre a collaborare con il cittadino pachistano titolare della ditta di imbiancatura, gestiva in proprio, grazie allo studio di consulenza di cui è titolare, 28 false pratiche di rinnovo di permesso di soggiorno di cittadini albanesi e marocchini. Inoltre, con il concorso di vari cittadini italiani che dichiaravano falsamente di avere alle proprie dipendenze i cittadini stranieri, riusciva a far ottenere a questi ultimi contributi di disoccupazione dall’INPS.
Nel corso delle indagini è emerso anche che i proventi dell’attività delittuosa del cittadino pachistano che gestiva l’attività illecita venivano trasferiti in Pakistan e investiti in immobili e terreni con la complicità di alcuni suoi connazionali che sono stati indagati per riciclaggio.
Ai due impiegati comunali è stato contestato il reato di truffa ai danni dello Stato per le loro assenze ingiustificate dal lavoro. Molte di queste assenze avvenivano quando i due, dopo aver contatto una cittadina albanese che li riforniva, si recavano a comprare dosi di cocaina che assumevano successivamente in ufficio.
Le cessioni di sostanza stupefacente di cui si è appena detto hanno consentito di sviluppare una parallela e contemporanea attività investigativa che ha portato all’individuazione di 6 soggetti (due albanesi di cui una donna, un italiano e tre magrebini) destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari, tutti dediti allo spaccio di cocaina e hashish in questo capoluogo.
Alla fase di esecuzione delle misure cautelari, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di stato, hanno collaborato anche la Squadra Mobile di Prato, il Reparto Prevenzione Crimine “Toscana” e due unità cinofile con cani antidroga provenienti da Firenze e da Bologna.