Incredibile l’affermazione del portavoce del gruppo terroristico qaedista Al Shabaab, Ali Dehere, durante l’intervista rilasciata al quotidiano italiano Repubblica: “I soldi del riscatto pagato dall’Italia serviranno in parte ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per combattere la jihad”. Lo stesso Ali Dehere ha detto che nel corso degli anni Al Shabaab, tramite i sequestri, è riuscita ad incassare ben 36 milioni.
Una sorta di pugno allo stomaco per gli italiani ma anche per l’Unione europea, tant’è che l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la sicurezza Josep Borrell, ha chiosato: “È sicuramente un problema”.
La procura di Milano vuole andare in fondo all’intera vicenda ma nel frattempo sono aumentate le minacce indirizzate alla giovane cooperante italiana. Sono stati trovati due volantini minatori nelle vicinanze della sua abitazione. Al riguardo il ministro degli esteri Di Maio ha detto: “È incredibile: l’abbiamo liberata da una cellula terroristica e ora rischiamo che le venga assegnata una scorta personale”.
Sui social network è un tam tam tra pro e contro la liberazione di Silvia Romano, oggi, convertita all’Islam, si chiama Aisha perchè ha voluto prendere il nome di una delle mogli di Allah.
La Repubblica riporta alcuni passaggi delle dichiarazioni rilasciate dalla Romano agli inquirenti.
“Pensavo di non farcela. All’inizio ho avuto molta paura”. Rapita in Kenya e la fuga rocambolesca verso la Somalia: “L’acqua aveva reso impraticabili le strade. Le moto non camminavano e così abbiamo proseguito a piedi. Il cammino è durato quattro settimane, attraversavo cespugli pieni di rovi. Mi avevano tagliato i capelli per evitare che si impigliassero e mi avevano dato dei vestiti lunghi, altrimenti non avrei potuto camminare. Ero distrutta. Piangevo sempre, non potevo nemmeno provare a scappare. In alcuni tratti il fango mi arrivava fino alla pancia, la vegetazione era altissima, la notte dormivamo sotto gli alberi, non pensavo di farcela. Sono stata male, ho avuto bisogno di medicine, è venuto anche un medico, penso, comunque una persona a visitarmi. Ho chiesto più volte di telefonare a casa, invano. Tenevo il conto dei giorni su un diario, mi ha salvato”.
L’unico appiglio al mondo occidentale un pc rigorosamente non connesso al web dove la Romano poteva leggere il corano in italiano e visionare video di Al Jazeera, salvati sul desktop. A dare speranza sono stati 4 video rilasciati dalla cellula terroristica dove Silvia Romano implorava di tornare a case e chiedeva l’aiuto delle Istituzioni italiane. Infatti ieri sera il ministro Di Maio dalla trasmissione “Fuori dal Coro”, di Mario Giordano ha detto: “noi a dicembre scorso sapevamo che era viva (a dicembre 2019 l’invio di uno dei 4 video, ndr), ma non ho potuto dire niente ai suoi genitori, per motivi di riservatezza e per non compromettere l’operazione”.
Nei video diceva sempre all’inizio: “Mi chiamo Silvia Romano, vi prego, liberatemi”.
Tanti però sono i punti su cui gli inquirenti, il pm Colaiocco e i carabinieri del Ros dovranno far luce. Dallo scambio dei prigionieri somali alla consegna di denaro, semmai avvenuta, visto che Governo e Aise hanno negato l’operazione. La cifra si aggirerebbe da 1,5 a 4 milioni di euro.
Poi c’è il mistero della paternità della liberazione. L’Aise la nostra Agenzia di intelligence per la sicurezza estera sostiene che il successo della liberazione è da ricondurre solo e soltanto agli uomini dell’Agenzia. Però ieri una doccia fredda quando iil portavoce del partito Akp del presidente turco Erdogan ha detto: “L’operato dei nostri servizi nel salvataggio dell’italiana è un successo”.
Silvia Romano durante il lungo interrogatorio con i Ros ha detto che le prime parole in italiano le ha sentite da agenti italiani in un campo internazionale. A questo campo è giunta con due cittadini somali.
Intervista al portavoce di Al Shabaab
Così Ali Dehere, portavoce del gruppo terroristico Al Shabaab. “I soldi in parte serviranno ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la jihad, la nostra guerra santa. Il resto servirà a gestire il Paese: a pagare le scuole, a comprare il cibo e le medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano. C’è una struttura in seno ad Al Shabaab che si occupa di trovare soldi per far funzionare l’organizzazione, la quale poi li ridistribuisce al popolo somalo. È questa struttura che gestisce le diverse fonti d’introiti. Silvia Romano rappresentava per noi una preziosa merce di scambio. E poi è una donna, e noi di Al Shabaab nutriamo un grande rispetto per le donne”. “Abbiamo fatto di tutto per non farla soffrire, anche perché Silvia Romano era un ostaggio, non una prigioniera di guerra. I prigionieri di guerra li passiamo per le armi, esattamente come fa l’esercito somalo quando cattura un soldato di Al Shabaab. Prima di giustiziare i prigionieri, le truppe di Mogadiscio li torturano per farli parlare, per estorcere tutte le informazioni possibili sulle nostre postazioni strategiche o sulla struttura di comando del nostro gruppo. Ma i nostri soldati sono addestrati anche a soffrire, perciò molti muoiono sotto tortura senza rivelare nulla. Noi invece non dobbiamo torturare nessuno, perché sappiamo tutto, avendo a Mogadiscio infiltrato i nostri uomini in ogni istituzione, ministero, partito politico e perfino nell’esercito somalo. Da quanto mi risulta Silvia Romano ha scelto l’Islam perché ha capito il valore della nostra religione dopo aver letto il Corano e pregato“.