Eni considera prive di qualsiasi fondamento le richieste di condanna avanzate dal Pubblico Ministero nell’ambito del processo Nigeria ai danni della società, dei suoi attuale ed ex Amministratori delegati, e dei manager coinvolti nel procedimento.
Nel corso della requisitoria, il PM, in assenza di qualsivoglia prova o richiamo concreto ai contenuti della istruttoria dibattimentale, ha ribadito la stessa narrativa della fase di indagini, basata su suggestioni e deduzioni, ignorando che sia i testimoni, sia la documentazione emersa hanno smentito, in due anni di processo e oltre quaranta udienze, le tesi accusatorie.
Le Difese dimostreranno al Tribunale che Eni e il suo management operarono in modo assolutamente corretto nell’ambito dell’operazione Opl245.
Si ricorda che Eni e Shell corrisposero per la licenza un prezzo d’acquisto congruo e ragionevole direttamente al Governo nigeriano, come contrattualmente previsto attraverso modalità chiare, lineari e trasparenti; Eni, inoltre, non conosceva, né era tenuta a conoscere, l’eventuale destinazione dei fondi successivamente versati a Malabu dal Governo nigeriano, pagamento che peraltro avvenne dopo un’istruttoria dell’Autorità Anticorruzione della Gran Bretagna (SOCA).
Non esistono quindi tangenti Eni in Nigeria e non esiste uno scandalo Eni. Eni ricorda i provvedimenti del Dipartimento di Giustizia e dalla Sec americani, che hanno chiuso le proprie indagini senza intraprendere alcuna azione nei confronti della società. Le molteplici indagini interne affidate a soggetti terzi internazionali da parte degli organi di controllo della società avevano già da tempo evidenziato l’assenza di condotte illecite . Eni confida che la verità potrà finalmente essere ristabilita ad esito delle argomentazioni difensive che saranno svolte alla fine di settembre in attesa della sentenza del Tribunale.