(di Massimiliano D’Elia) Aria di rimpasto? Questa volta pare che si sia convinto anche il premier Conte. A svelare una indiscrezione è la Repubblica che racconta la visita di Matteo Renzi a palazzo Chigi. Sarebbe stato lì per almeno due volte nell’ultimo mese. Al centro dei colloqui il rapporto da intraprendere con il neo presidente Usa John Biden alla luce dei contatti privilegiati che detiene Matteo Renzi.
Ma c’è dell’altro perchè Conte a questo punto della legislatura forse si è reso conto che occorre fare un tagliando al governo, dopo le richieste subliminali giunte a più riprese dalle forze che compongono la sua maggioranza.
Atteso che si voglia procedere ad un rimpasto subito dopo l’approvazione della Legge di Bilancio, dove intervenire? E’ questo il dilemma, il nodo su cui potrebbero arenare le mire degli “arrampicatori senza tempo” al potere dello Stato. 5Stelle, Pd e Iv vorrebbero puntellare posizioni di pregio tipo quelle di vice presidente del Consiglio, un modo elegante per tenere a bada le “intemperanze” di Conte, magari con l’ingresso di Nicola Zingaretti e lo stesso Matteo Renzi. Una scenografia che non piace però a Conte che non vuole ripetere l’errore del Conte 1, quando doveva schivare i fendenti dei suoi due vice, Di Maio e Salvini.
Nel frattempo Conte per mettere al sicuro il suo futuro ha fatto ridisegnare i collegi elettorali per rendere il voto praticabile anche con la legge attuale, nonostante il referendum. Il punto è che parlare di rimpasto vorrebbe dire che il Governo è in crisi, una parola che non si vuole dare in pasto ai media, sarebbe devastante per l’azione di governo in piena emergenza sanitaria e decreterebbe il fallimento del Super Io contiano.
La strada meno indolore sarebbe quella che i ministri posti da tempo nel “mirino” della critica si dimettessero di loro sponte: un auspicio che difficilmente si realizzerebbe nella realtà. Parliamo della titolare dei Trasporti Paola De Micheli e di quella del Lavoro Nunzia Catalfo, per non parlare della Azzolina all’Isruzione. Le mire del Pd si sono palesate addirittura verso il ministero dello Sviluppo Economico per mettere Andrea Orlando al posto del pentastellato Stefano Patuanelli. Un altro aspetto non secondario è che l’eventuale ingresso di Zingaretti al governo, alla vice presidenza del Consiglio o all’Interno al posto della Lamorgese, comporterebbe le sue dimissioni alla Regione Lazio. Tale operazione è considerata ad alto rischio perchè potrebbe consegnare la sedicesima regione al centrodestra in una tornata elettorale che se fatta ora potrebbe essere, sondaggi alla mano, seppur di poco favorevole alle opposizioni.
Un rimpasto a ministeri di peso aprirebbe inequivocabilmente ad una crisi di governo, Conte dovrebbe dimettersi e salire al Colle per ricevere un altro mandato, un fantomatico “Conte ter”. L’avvocato pugliese dovrebbe, quindi, passare dal Parlamento per la fiducia dove le insidie sono tante anche se ora ben celate da sorrisi e pacche sulle spalle. L’unica certezza è che il Presidente Mattarella, in tempi non sospetti, aveva già preannunciato che in caso di cambi a ministeri di peso sarebbe stato obbligatorio un passaggio parlamentare.
Conte ha un asso nella manica, dalla sua parte ha la pandemia che gli consente di temporeggiare e tenere a bada le forze della maggioranza, perchè a suon di Dpcm occorrerà lavorare senza esitazione e distrazioni al piano di distribuzione dei vaccini anti-covid e alla successiva somministrazione.
M5S, Pd, Iv e forse anche gli italiani sono sotto “scacco matto“.