Dazi Usa, ma chi sono i nemici di Trump?

(di Massimiliano D’Elia) La Bce, la scorsa settimana, al termine della riunione di direzione ha tolto dal comunicato di fine vertice la formula introdotta due anni fa e che lasciava aperta la porta a un nuovo incremento del Qe in termini di entità e/o durata qualora le condizioni finanziarie fossero divenute meno favorevoli.

Draghi tuttavia ha assicurato, durante la conferenza stampa che il Qe sarà esteso oltre settembre qualora ve ne fosse la necessità. Tuttavia, dal vertice interno sono usciti dati confortanti, dove è emerso che il quadro macroeconomico appare in miglioramento quantomeno nel breve/medio termine e questo ha trovato conferma nelle nuove stime dello staff della Bce che per il 2018 vede una crescita al ritmo del 2,4%.

Le turbolenze maggiori derivano oltreoceano dalle dichiarazioni altalenanti di Donald Trump, sulla questione dei dazi Usa. Venerdì scorso il presidente americano ha dichiarato che Cohn potrebbe tornare al suo posto. Donald Trump ha ironizzato sul fatto che l’ex presidente di Goldman Sachs se ne è andato per fare “altri 200 milioni di dollari ma potrebbe tornare”. Trump ha lodato Cohn, l’architetto dell’agenda pro business dell’amministrazione la cui uscita aveva preoccupato e non poco Wall Street. Cohn si è dimesso perché non vedeva di buon occhio l’imposizione dei dazi su acciaio e alluminio.

I mercati temono che il presidente americano possa ignorare il pressing arrivato da più parti, anche dal suo partito repubblicano, contro l’entrata in vigore di dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio in arrivo in Usa da tutti i Paesi. Una mossa che, secondo Fitch, potrebbe pesare sull’economia globale se varie nazioni reagiranno alla mossa di Washington con ritorsioni già ventilate da Canada e Ue.

Nel mondo dei mercati e degli addetti ai lavori, nel frattempo, salgono numerose voci di contestazione per le mosse di Trump o perlomeno di deciso scetticismo. “Una guerra commerciale sarebbe ‘terribile’ per la crescita mondiale”, ha detto la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde. “Se il commercio internazionale fosse sfidato da misure di questo tipo, sarebbe un canale di trasmissione per il declino della crescita e un calo degli scambi”.

Prima di fare nuovi commenti, però il Fondo monetario internazionale aspetta di conoscere i dettagli della decisione dell’amministrazione Trump, in merito all’introduzione di dazi sull’alluminio e sull’acciaio.

“Le ricadute immediate delle decisioni sul commercio non saranno grandi inizialmente, ha detto Draghi, dipenderà in parte anche da quelle che saranno le ritorsioni, se ci saranno, di parte europea, e quali saranno gli effetti sul mercato dei cambi. Quello che colpisce di più, al di là di quella che può essere la propria posizione sulle questioni commerciali, è che certe questioni dovrebbero essere risolte in un contesto multilaterale. Le decisioni unilaterali sono pericolose”. “Se si adottano misure del genere nei confronti dei propri alleati allora chi sono i tuoi nemici?

Anche dalla Cina  è arrivata la più “ferma opposizione” alla decisione del presidente Donald Trump di imporre dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio e la denuncia di un “attacco” al sistema commerciale multilaterale. “L’abuso della clausola di sicurezza nazionale da parte degli Stati Uniti costituisce un deliberato attacco al sistema commerciale multilaterale incarnato dall’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) e avrà certamente un grave impatto sul sistema commerciale mondiale” ha affermato il ministero del commercio cinese in una nota.

Le guerre commerciali “sono cattive e si possono perdere facilmente” ha risposto il presidente della Ue Donald Tusk, affermando che  è il momento per le autorità americane “agire in modo responsabile: esiste il rischio di un conflitto commerciale grave tra gli Usa e il resto del mondo.

Ma resistenze ai provvedimenti sul commercio, Trump li trova anche in casa sua. Raphael Bostic, presidente della Federal Reserve di Atlanta, ha messo in guardia contro le guerre commerciali che non sono facili e difficilmente portano guadagni.

Nella politica economica di Donald Trump tutti i maggiori attori, come visto, sono contrari o quantomeno titubanti per gli effetti nel medio termine. Tuttavia a quanto pare la politica “elastica” fatta di retorica del Presidente Trump il più delle volte non è seguita da effetti pratici, ma è servita per far uscire allo scoperto i contendenti e far emergere posizioni non gradite all’amministrazione americana. Esempio è stato l’attacco di ieri del Presidente Trump indirizzato alla Germania che contribuirebbe poco alle spese della Nato. “I dazi, ha detto ieri Trump, colpiranno specialmente Mercedes Benz e Bmw, che come noto, gran parte del loro mercato si sviluppa proprio negli Usa”.

Trump, sempre ieri lamentava i dazi dell’Ue sui prodotti agricoli americani e lanciava un assist: laddove l’Ue rivedesse i propri dazi al ribasso anche gli Stati Uniti agirebbero di conseguenza”.

A quanto pare, quindi, la partita si giocherà ancora sulla retorica, con la speranza che così come per la Corea de Nord, ci siano effetti distensivi anche nel campo degli interscambi commerciali tra le più grandi economie mondiali.

Dazi Usa, ma chi sono i nemici di Trump?

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