I ponti dimenticati delle valli aretine

L’Italia è disseminata di opere civili grandi e piccole, evidenti  o seminascoste,  realizzate fin dall’inizio dei tempi con sapiente maestria dai nostri avi; vere e proprie opere d’arte che,  sfidando i secoli, le intemperie, le guerre e non ultima l’incuria dell’uomo d’oggi, sono arrivate fino a noi .

Il 23 Ottobre presso la sede del Club Alpino di Arezzo il Gen. Mauro Leoni ha presentato una sua ricerca, condotta con grande passione e altrettanta competenza, proprio  su uno specifico tipo di monumento: I PONTI DIMENTICATI DELLE VALLI ARETINE.

La conferenza si apre con due brevi riflessioni introduttive del Generale Leoni:

Cosa è un Ponte ?

il Ponte è tutto ciò che l’uomo ha imparato a costruire per andare oltre , per proseguire, per procedere oltre qui ed oltre se stesso.

Il ponte nasce dalla sofferenza della separazione ma anche  dall’attrazione verso ciò che è sconosciuto, è la spinta verso l’oltre e verso l’altro  è un l’oltrepassare senza interrompere  il fluire di ciò che sta nel mezzo.

il Ponte non  unisce soltanto , c’è quello  che divide come il ponte levatoio, il Ponte sospeso, il Ponte abitato, il Ponte isolato, il Ponte che crolla e stasera questi miei ponti “dimenticati.

 Come nasce un Ponte?

 Nasce perché ha alle spalle una spinta che si fa pressante intorno ai 15.000 anni fa – millennio in più o in meno…..

La tribù, l’orda, il gruppo  che si spostavano in epoca paleolitica neolitica  poi villanoviana  in Casentino o in Valtiberina o nel Valdarno alla ricerca di territori che offrano risorse per fronteggiare l’ansia alimentare attraverso la  raccolta e la caccia e più avanti c on il pascolo e l’’agricoltura sono  nomadi o seminomadi non ancora del tutto stanziali che hanno seguito nel loro spostamento prevalentemente lo spartiacque o se preferite  la via di crinale …

La pianura è infida.

Noi moderni siamo uomini di pianura ma c’è stato un tempo in cui la pianura non ci avrebbe offerto un rifugio o l’altura difendibile,  un terreno di caccia più adatto all’agguato,  mentre invece la piana ci avrebbe messo a rischio di piene,  di paludi, compluvi profondi e la presenza di  zone di pascolo con  il rischio di imbattersi nei predatori.  Come dimostrano numerosi studi antropologici, il percorso di crinale è pertanto  quello preferito per molte ragioni, la più evidente delle quali è come ho appena detto la mancanza di ostacoli costituiti da corsi d’acqua o da compluvi profondi, da paludi o vegetazione rigogliosa …

Ecco però che  il displuvio principale non offre  acqua sorgiva e oltretutto è soggetto ad innevamento, scarsa fertilità , il pascolo delle greggi è limitato dalle conifere  per cui quando alla secolare attività di caccia e raccolta subentra quella della agricoltura e del pascolo si apre per quanto riguarda la viabilità una  fase successiva, quella  possiamo dire dei diverticoli  . Questa fase vede il sorgere dei primi  insediamenti nei terreni di mezzacosta I  percorsi di crinale si diramano verso il basso  per un livello dove sia possibile attingere  alle  acque sorgive e al terreno da semina (le nostre preselle e i muri a secco )

Il tipo di insediamento più spontaneo, presente pressoché in tutte le culture, si trova a media altezza  ovvero sull’altura in genere posta  alla confluenza tra due compluvi e al termine di una diramazione di crinale, caratterizzato sia dal facile accesso, da ampia visuale, da condizioni   del territorio difendibili

E’ a questo punto  che ci avviciniamo alla nascita  del ponte perchè si avvia una  progressiva presa di possesso stabile dell’area limitrofa e nascono percorsi di collegamento tra insediamenti …  si acconcia un guado o una passerella ..la dove un giorno nascerà un ponte.

Il Gen. Leoni ci illustra il suo lavoro, le immagini che scorrono sono il frutto di una ricerca fatta sui testi e sul campo per predare i tesori nascosti del nostro territorio.

Le foto sono state scattate, a volte anche fortunosamente, negli ultimi due anni con il fine di tornare a ‘leggere’ il nostro territorio alla luce di queste particolari   strutture che appartengono ad una condizione  primigenia ovvero, ritrovare in questi ponti “dimenticati” una dimensione arcana ed arcaica,  un’ anima remota dove affondano le radici  del nostro vivere e sentire

L’Autore ci coinvolge con questa ulteriore riflessione:

Quando mi sono posto la domanda:  a che epoca risale questo ponte ?      E, se questa struttura risale ai primi dell’800 ma dovesse conservare  anche una sola pietra di riutilizzo sbozzata dal  legionario romano o se questa pietra fosse stata raccolta tra quelle che selciavano un percorso basolato  o un altro  ponte ancora più antico edificato secoli prima dagli etruschi e poi distrutto da una piena…o modificato dalle  periodiche  sostituzioni… non dovremmo nonostante ciò condividere la credenza e il grossolano appellativo di “ponte romano “del quale la tradizione locale accredita gran parte di questi manufatti ?

Sono immagini queste dei ponti dimenticati  che regalano forti emozioni e che abbiamo amato  e imparato a rispettare. Dimensioni fisiche che permettono di viaggiare con la mente attraverso un itinerario fantastico in cui la fisicità delle cose si spande spesso in una dimensione poetica  Quando percorriamo a piedi un sentiero , viandanti sul percorso di una via romea  lasciamoci  stimolare dalla fantasia  senza dare priorità esclusiva  al tecnico al pedante allo scientifico , e  torniamo così al mondo magico dei fantasmi della fiaba del mistero. Fate delle vostre camminate del CAI  anche fanta-itinerari perché il paesaggio mentre procedete si animi  delle tante presenze che appartengono alla sua storia.. L’Italia è il paese dalle  mille suggestioni  e dalle  tante testimonianze di culture  e civiltà arcaiche  ed arcane .

PRP Channel, il cui logo tra l’altro è un ponte dove s’incontrano i viandanti del mondo, ringrazia l’Autore per questa preziosa ricerca che ha valenza nazionale per gli spunti che offre a favore della tutela del nostro patrimonio culturale e auspica un’evoluzione cibernetica del lavoro attraverso lo sviluppo di APP per la diffusione di nuovi e più vasti itinerari turistici sfruttando anche le informazioni GIS disponibili.

Un’iniziativa che in primis dovrebbe stimolare le Istituzioni ad intervenire per il recupero dei manufatti e delle vie su cui insistono con il possibile coinvolgimento di organismi europei, locali e-o privati.

Per chi volesse saperne di più, in allegato riportiamo l’articolo del Gen. Mauro Leoni pubblicato sulla Rivista dell’Associazione Amici dei Monumenti di Arezzo intitolato “A caccia di silenzi”.

MG

 

I ponti dimenticati delle valli aretine