La nostra è un’Italia che, purtroppo, continua a invecchiare. Il Belpaese vede ogni anno sempre più cittadini cancellarsi dai registri perché trasferiti all’estero. Questo è quanto emerge dal 51esimo rapporto sullo stato sociale del Paese redatto dal Censis.
Secondo i dati del Censis, nel 2016, per il secondo anno consecutivo, c’è stata una diminuzione della popolazione: -1,3 per 1.000 residenti, questo significa 76.106 abitanti in meno. Anche nel 2015, infatti, si era registrato un calo ancora più significativo della popolazione, che si era ridotta di 130.061 persone.
L’Italia continua ad invecchiare perché oltre ad essere segnata dal problema del calo della popolazione dovuto al numero elevato di persone che, non riuscendo a trovare lavoro in Italia, decide di trasferirsi all’estero, registra altresì una riduzione della natalità, il cui tasso di andamento ha un peso rilevante.
Nel 2016, per esempio, si è fermato a 7,8 per 1.000, segnando un nuovo minimo storico di bambini nati pari a 473.438. Di conseguenza, il ricambio generazionale non viene assicurato e il Paese invecchia a ritmi sostenuti: gli over 64 anni superano ormai i 13,5 milioni (il 22,3% della popolazione).
Secondo i dati diffusi e pubblicati lo scorso ottobre dall’ Ocse, l’Italia è già uno dei Paesi con più anziani (nell’area dell’Ocse) ma diventerà, nel 2050, il terzo Paese con più anziani nel mondo dopo Giappone e Spagna. Nel 2050, infatti, in Italia ci saranno 74 over 65 anni per ogni 100 attivi (persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni). Attualmente sono 38. Solo il Giappone (78 %) e la Spagna (76 %) precederanno il Belpaese.
Creare condizioni per promuovere un buon inizio della vita lavorativa limitando l’impatto della perdita del lavoro, combattendo la disoccupazione a lungo termine, trattenendo, così, i giovani nel nostro paese, è forse la partita che l’Italia dovrà vincere per tornare ad essere competitiva.