(di Andrea Pinto) A Bengasi comando io. Haftar l’altro giorno non ha permesso ad un aereo presidenziale con a bordo il primo ministro Abdelhamid di atterrare all’aeroporto di Bengasi. Il parlamento, invece, non ha votato la legge di bilancio al neo primo ministro, un chiaro segnale che evidenzia la debolezza politica del premier libico. Sembra di assistere ad una storia già vista, con un primo ministro di transizione voluto dall’occidente, fino alle prossime elezioni presidenziali del 24 dicembre e un capo militare che ha il territorio ad est saldamente in mano, l’area più ricca di giacimenti di petrolio dell’intero paese.
Per contrastare Abdelhamid, Haftar sta già preparando la mossa a sorpresa, candidare il figlio alle prossime elezioni di dicembre. Il più giovane dei suoi sei figli, Saddam, prenderà il comando della gloriosa “Libyan National Army”, un corpo militare fondato da Haftar che ha combattuto per liberare la Cirenaica dalle milizie jihadiste. L’unica nota dolente è che la sua formazione militare non è riuscita nell’impresa di prendere Tripoli (difesa dalla Turchia), nonostante l’appoggio di droni e mercenari russi, emiratini, egiziani, ciadiani e sudanesi. Haftar ha affidato, quindi, le due brigate ai suoi primogeniti. A Saddam la brigata “Tareq Ben Zyad” e a Khaled la “106”.
Il piano di Haftar è appoggiato da Emirati, Egitto e gli altri paesi sunniti che vogliono ostacolare l’ascesa in Libia dei Fratelli Musulmani che, come noto, sono sostenuti dalla Turchia. Nonostante gli appelli della Comunità internazionale, Italia compresa, di far dispiegare russi e turchi dal territorio del paese nordafricano, milizie private russe, tipo quelli della Wagner e militari regolari turchi sono ancora presenti sul territorio e possono ancora influenzare la stabilità del paese nel verso a loro più favorevole. Haftar con l’aiuto dei russi potrebbe riprendere le operazioni militari quando e come vuole. Nel frattempo i suoi figli stanno espatriando spessissimo per trovare appoggi finanziari ma anche politici. Gli ultimi viaggi negli Emirati, in Egitto e Cremonesi sulla Repubblica parla anche di Israele ne sono la prova.