Oggi giornata di tregua, in attesa dell’esito del voto in Friuli, indicato dal centrodestra come essenziale per avere più forza persuasiva nei confronti del Presidente Mattarella. Si aspetta la decisione del Pd, dopo le parole di Matteo Renzi, anche in risposta alla lettera appello di Luigi Di Maio. Si aspetta che il dialogo tra Lega e M5s riparta, nonostante la contrarietà di Silvio Berlusconi, a fronte delle proposte di Matteo Salvini.
Intanto al Quirinale si cominciano a valutare le ricadute delle possibili variabili di ogni scenario. L’obiettivo resta quello di dare un governo al Paese, motivo per cui si resta in silenzio per non creare confusione in un momento delicato. Ma se anche il tentativo nato dall’ultima esplorazione dovesse fallire, al Colle si sta individuando il possibile percorso successivo.
Rimane il no a ogni incarico al buio. Anche oggi dal centrodestra è giunta la richiesta di una investitura della coalizione per cercare in Parlamento i voti necessari alla fiducia. Ma il Colle è contrario ad avventure alla cieca, che non darebbero garanzie nè di successo nè di tenuta.
Non resterebbe che chiamare di nuovo i partiti al Quirinale, magari per un terzo giro di consultazioni, che rappresenterebbe un appello ed in parte una tirata d’orecchie, seppur pacata. Se nessuno rispondesse positivamente all’invito alla responsabilità, il rischio di andare a elezioni in ottobre sarebbe molto concreto.
Ma per Sergio Mattarella questa ipotesi ha due controindicazioni: il rischio di esercizio provvisorio e il dubbio che a legge elettorale invariata si possa ripetere lo stallo di questi mesi. Per questo il Capo dello stato cercherà in tutti i modi di favorire un confronto su una modifica del Rosatellum e anche il varo della legge di bilancio in tempi rapidi, in modo da giungere a elezioni con i conti in sicurezza. A Palazzo Chigi, in estate, potrebbe non esserci più Paolo Gentiloni ma un premier di transizione, istituzionale che accompagni questi due passaggi.
Non poteva mancare l’incipit di Renzi. Dare il via alla “terza Repubblica” con una legislatura costituente, che approvi una legge elettorale e una riforma costituzionale, magari sul modello semipresidenziale francese con ballottaggio. Attraverso un Governo del presidente che duri al massimo due anni. E’ la proposta con cui Matteo Renzi, al ritorno sulla scena pubblica dopo la sconfitta elettorale, prova a rilanciare il ruolo del Pd, per sbloccare l’impasse senza finire a fare “da badanti” a un governo con il Cinque stelle. “Fate voi la proposta”, e’ il messaggio lanciato a Luigi Di Maio e Matteo Salvini: “Il Pd e’ pronto a sedersi al tavolo”. Sul fatto che la proposta potrebbe essere sostenuta dal Pd, non sembrano esserci fin d’ora molto dubbi. Gia’ il 14 marzo Dario Franceschini proponeva un accordo costituente su legge elettorale e riforma monocamerale, e in giornata anche Carlo Calenda rilancia un “esecutivo istituzionale”. E Maurizio Martina ha sempre affermato la “responsabilita’” del Pd. A pochi giorni da una direzione del partito convocata per decidere se aprire a un governo con i Cinque stelle, l’ex segretario, che e’ ancora punto di riferimento della maggioranza del partito, mette una pietra tombale su ogni possibile intesa, sfidando Di Maio a un incontro in streaming che farebbe emergere l’impossibilita’ di un esecutivo insieme. Lo fa con parole che fanno molto irritare i “governisti” del Pd, perche’ – osserva un dirigente che e’ sulla linea di Martina – evoca un eventuale accordo come frutto di “caminetti” che vogliono “spartirsi poltrone da sottosegretario e avere posti nel cda”. Ma l’ex leader non sembra curarsene: se Martina vuol sedersi a fare un confronto in streaming con Di Maio faccia pure, e’ il senso del suo ragionamento, ma poi se ci fosse un governo i Cinque stelle avrebbero buon gioco – per dirne una – ad addossare al Pd il fallimento del reddito di cittadinanza. L’unico governo che i Dem potrebbero sostenere, afferma, e’ uno in cui M5s e Lega si facciano promotori di una stagione costituente, per tornare al voto “tra un anno o due”. Con quale governo? “La formula la decidera’ il presidente della Repubblica” taglia corto Renzi. Quel che conta e’ che ci stiano i vincitori delle elezioni. E potrebbe convenirgli, ragiona l’ex premier: se M5s e Lega non riescono a fare un governo politico – afferma – rischiano di pagare con un calo in un eventuale voto anticipato il “teatrino” di questi cinquanta giorni. Il modello che Renzi ha in mente e’ gia’ messo nero su bianco in Parlamento da due parlamentari a lui molto vicini: Stefano Ceccanti alla Camera e Tommaso Cerno al Senato. E’ un sistema semipresidenziale alla francese. E, come conseguenza, una riforma elettorale a doppio turno di collegio, sul modello dei sindaci. Altro che fare un partito alla Macron: Renzi assicura di volergli copiare il sistema istituzionale. E rimescola con la sua mossa, dalla studio tv di Fabio Fazio, le carte innanzitutto nel dibattito interno al Pd. Adesso, ammettono dalle altre aree del partito, si dovrà valutare se rivedere il contenuto stesso della direzione.