“C’è un dato che non può essere cancellato dalle nostre analisi — ha detto il segretario dem, Nicola Zingaretti, a questo punto l’inaffidabilità politica di Italia viva“. Ancora Zingaretti: “Iv mina la stabilità in qualsiasi scenario si possa immaginare”. A rincarare la dose Luigi Di Maio: “Renzi non è più un interlocutore”.
(di Massimiliano D’Elia) Hanno scaricato Matteo Renzi, proprio colui che favorì la nascita del Conte 2, all’epoca considerato il salvatore delle sinistre; è incredibile come la politica possa prescindere dall’etica, dalla riconoscenza, dal senso di appartenenza. In effetti Renzi cosa chiede, soltanto di attuare le stesse istanze del Pd, specialmente per quanto riguarda il Mes sanitario. Non basta, chi alza la testa fuori dal coro viene relegato all’angolo e fatto capitolare. Si è palesato quindi il secondo errore del senatore di Rignano, dopo il referendum costituzionale che provocò le sue dimissioni da premier. Possibile che un politico navigato come Renzi abbia potuto fallire di nuovo? Come si narra nei corridoi del transatlantico, in politica la parola data vale solo in quel momento, dopo un’ora non vale più. Renzi probabilmente si fidava, oppure aveva concordato una strategia ben precisa con il Pd per mandare a casa l’ingombrante avvocato pugliese. Ora, ironia della sorte, fanno tutti quadrato intorno al Conte nazionale, anche i fedelissimi di Renzi, lasciati di guardia all’interno del Pd, parliamo del fedelissimo Lotti, di Marcucci, di Guerini etc.. Un tentativo che viste le premesse rischia di fallire, aprendo la strada ad un Conte ter. In tal caso Conte andrebbe ad occupare una posizione tra i grandi della politica italiana che hanno guidato tre governi, Craxi, Prodi e D’Alema.
La parola d’ordine: “Mai più con Renzi“. Conte si recherà lunedì alla Camera, il giorno dopo in Senato, per chiedere la fiducia sulle risoluzioni di maggioranza e cercherà di incassare il consenso di un gruppo di responsabili a Palazzo Madama. A dare la luce verde al premier direttamente il Presidente Mattarella che chiede però una maggioranza dal perimetro definito. Si apre quindi la caccia ai responsabili, chiamati da ieri “costruttori” prendendo il termine dallo “speech” di fine anno del Presidente della Repubblica. Certo è che li puoi chiamare come vuoi, ma la sostanza non cambia. Per rendere questi personaggi “cangianti” della politica italiana un po più presentabili ci ha pensato Dario Franceschini: “Nel passato il termine responsabili indicava una negatività, ma non siamo più in un sistema bipolare con due poli e due candidati premier, siamo in un sistema parlamentare in cui le maggioranze di governo si cercano in Parlamento, apertamente, alla luce del sole e senza vergognarsene”.
Si tratta davvero di responsabili? Molto probabilmente l’attrazione delle comode sedie “troni” delle due Aule del Parlamento è più forte ed inebriante di ogni ideologia, di ogni istanza finanche del proprio orgoglio.
Non dimentichiamo che con le prossime elezioni si perderanno 315 di quei troni d’orati, perchè lasciarli subito? Tanto chiunque va al governo del Paese non può certo cambiare l’Italia da sempre succube dei suoi mali atavici difficili da risolvere con una legislatura e con questa classe dirigente.
Gli italiani? Beh per loro non rimane altro che continuare a sperare per un futuro migliore per il nostro Paese. Lo speravo anch’io quando ero piccolo, sono passati 50 anni, ahimè.