“Da quando sono premier non riesco a ricordare quante votazioni regionali ci sono state. Non è che ogni voto regionale è un referendum sul governo. Il MS sta attraversando una fase di transizione e anche Luigi Di Maio ha detto che ha bisogno di un rinnovamento interno. Dunque dobbiamo dare un attimo di tempo al movimento per completare questa fase di transizione“.
(di Massimiliano D’Elia) Il commento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte agli ultimi avvenimenti che hanno scosso e non poco il panorama politico italiano. Sulla scena il voto della base del Movimento che sulla “discussa” piattaforma Rousseau ha espresso la volontà di presentare un candidato alle prossime regionali dell’Emilia Romagna il 26 gennaio prossimo. Totalmente di verso opposto alla linea dei dirigenti del Movimento che avrebbero voluto saltare l’esame in Emilia Romagna per evitare la certificazione di un fallimento che ad ogni consultazione elettorale assume connotati sempre più evidenti, viste le percentuali di gradimento in continuo tracollo, espresse dagli elettori. Scendere, quindi, in Emilia Romagna da soli senza fare un ticket con il candidato del Pd Stefano Bonaccini, evidenzia una specie di resa incondizionata allo strapotere della Lega che, grazie allo scenario che si verrebbe a creare potrebbe vincere, senza particolari problemi e sardine a parte, nella regione “rossa” per eccellenza.
In soccorso della situazione creatasi nelle ultime ore sono scesi nell’arena, direttamente il premier Conte e il segretario de Pd, Zingaretti che in diversi consessi hanno affermato che il voto in Emilia non è un esame per il governo. Certo è che una vittoria del cdx in Emilia Romagna non farà dormire notti serene al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
L’unica cosa certa è che il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio ne esce con le ossa rotte a prima vista o almeno come pensano i suoi oppositori. Altri, invece, pensano che il ricorso a Rousseau, il cui esito era nell’area, sia stato un pretesto per il capo politico grillino per lanciare la nuova linea, allontanarsi dal Pd.
Infatti Di Maio dopo l’esito della votazione su Rousseau: “Con il voto on line il M5S ci ha detto a Roma c’è il governo, ma sul territorio c’è il movimento, e non possiamo asservire il M5S alle logiche del governo“.
Il presidente della Camera Roberto Fico, ha poi subito risposto a tono: “Urge un momento di riflessione importante sul movimento, non si può più rimandare“.
La situazione è diventata così traballante tant’è che Beppe Grillo è dovuto scendere a Roma per cercare di consolidare la vacillante alleanza con il Pd. Anche il Pd è stato spiazzato dalla votazione su Rousseau e Zingaretti ha aperto al dialogo con la Lega sulla legge elettorale nel nome del comune no al proporzionale: “Non va fatta cadere la proposta di Giancarlo Giorgetti di un tavolo di confronto su questi temi, da attivare nei tempi più rapidi – detta il segretario del Pd in una nota -. Noi siamo contrari a una legge puramente proporzionale. Serve un impianto maggioritario che aiuti la semplificazione e la formazione di coalizioni di governo chiare e stabili”.
Zingaretti vorrebbe convergere per un maggioritario a doppio turno per costringere il M5S alla scelta del fronte. Di Maio, invece, con la sponda di Matteo Renzi vorrebbe il proporzionale per cercare la “terza via“.
Luigi Di Maio ha incontrato in tarda mattinata Beppe Grillo a Roma: “Siamo d’accordo su tutto, abbiamo smentito le leggende metropolitane di questi giorni“. Beppe Grillo ha detto che a gennaio ci sarà un nuovo contratto di governo con il Pd.