Ieri il giorno dell’audizione del premier al Copasir. Al termine dell’incontro con il Comitato, Conte ha attaccato subito i media, accusandoli di aver ricostruito nei giorni scorsi, intrecci fantasiosi sulla vicenda Russiagate e le presunte implicazioni italiane. Si è trattato di un’audizione ordinaria, legata alla relazione semestrale, ma durante la quale, scandisce il premier, “non mi sono sottratto” a parlare del caso Russiagate.
Durante la mini conferenza stampa Conte recapita a quello che chiama ormai da giorni “avversario” è netto: laddove il premier ha chiarito “perchè Salvini non sente la responsabilità di chiarire, Salvini e’ stato ministro dell’Interno, si candida ad essere premier chiedendo pieni poteri ma manca di sensibilità istituzionale“.
Ma la stoccata di Conte non si ferma, entra nel merito del caso fondi russi: “qui siamo al di là di un’opinione. Forse Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini con le massime autorità russe, il ministro dell’Interno, il responsabile dell’intelligence russa. Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti“.
Altro nodo a cui il premier potrebbe essere chiamato è quello di fare un punto sulla riorganizzazione dei servizi. Perche’ nella conferenza stampa di Conte sul Russiagate c’e’ un “non detto” che serpeggia nella testa del premier: qualcuno, nell’intelligence italiana, ha agevolato la fuga di notizie che ha innescato la tempesta. Ed e’ difficile che quel qualcuno sia Gennaro Vecchione, scelto a capo del Dis proprio dal premier. E’ partendo da questo punto che Conte potrebbe intervenire avendo, sottolineano fonti qualificate, già un’idea di dove concentrare la sua azione
Tuttavia ci sono ancora alcuni punti oscuri rispetto ai rapporti tra i servizi segreti italiani e il ministro della giustizia statunitense William Barr. Ombre che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non è riuscito a dissipare durante le dichiarazioni pubbliche, ma neppure nel corso della sua audizione di fronte al Copasir. E tutte riportano all’interrogativo chiave rimasto senza risposta: perché il capo del governo ha autorizzato quei contatti diretti anziché gestirli personalmente? Barr è un politico dell’amministrazione Trump. E dunque Conte avrebbe potuto e dovuto partecipare agli incontri invece di «mettere a disposizione» di un altro Paese, anche se «alleato», i vertici degli apparati di intelligence.
Ora dovranno essere proprio il direttore del Dis Gennaro Vecchione, quello dell’Aise Luciano Carta e dell’Aisi Mario Parente a dover rispondere alle domande dei parlamentari del Comitato di controllo. Anche perché è stato lo stesso Conte ad ammettere che «dopo la richiesta arrivata a giugno per via diplomatica» sono state «effettuate ricerche in archivio, reperiti documenti, svolti accertamenti».
L’obiettivo degli Stati Uniti, come ha confermato Conte, era scoprire che fine avesse fatto Joseph Mifsud, il professore della Link University di Roma che nel Russiagate ha un ruolo chiave. Nel 2016 è proprio lui a rivelare allo staff di Trump che i russi hanno numerose mail compromettenti contro la candidata dei democratici Hillary Clinton. Incontra più volte l’emissario George Papadopoulos ma un anno dopo sparisce all’improvviso. E Trump si convince che in realtà Midsuf sia un agente provocatore di alcuni servizi segreti occidentali (Inghilterra, Italia e Australia) con un obiettivo preciso: dimostrare che il presidente americano aveva cercato di incastrare la Clinton.
Conte, in riferimento alla lettera di Barr afferma che parla genericamente dell’attività degli agenti americani che si trovano in Italia. Lui però decide di concedere subito il via libera alla collaborazione. E ne parla con Vecchione. Vengono attivati i controlli, ma il premier non chiarisce che tipo di accertamenti siano stati effettuati. Nel 2016 il governo non era guidato da Conte e c’erano altri capi dei servizi segreti. Le verifiche svolte quest’estate hanno dunque riguardato l’attività dei predecessori?, scrive il Corriere della Sera. E una delle domande alle quali dovrà adesso rispondere il Copasir attraverso le audizioni dei capi dei servizi che saranno convocati nelle prossime settimane. Ma non è l’unica. Tra le altre questioni aperte ci sono le informazioni consegnate a Barr. Ufficialmente Conte ha ribadito che non è stata trovata alcuna notizia utile e dunque nulla è stato rivelato al ministro della Giustizia americano. Ma allora perché sono stati organizzati due incontri? Se a Ferragosto era già chiaro che l’Italia non aveva dati utili, perché un mese e mezzo dopo è stata convocata una riunione allargata ai direttori delle due Agenzie?
Trump fra circa 15 giorni renderà noto il «rapporto Barr» che contiene tutte le informazioni raccolte dal politico durante il suo giro in Europa.
I dettagli che emergeranno potrebbero mettere in imbarazzo sia il presidente del Consiglio, sia le strutture dell’intelligence perché, come è stato sottolineato al Copasir, sono state assecondate istanze in maniera riservata, mentre si sarebbe dovuta seguire una procedura trasparente che passasse attraverso Palazzo Chigi e il ministero della Giustizia. Conte ha anche specificato che «si trattava di un’indagine preliminare, altrimenti avremmo dovuto procedere per rogatoria».
Al netto delle dichiarazioni e delle ricostruzioni “fantasiose” dei media, nessuno mai conoscerà la verità dal momento che le tre ore di colloquio tra il presidente del Consiglio e il Copasir sono, per legge, secretate.
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