Marco Liconti di Adnkronos ha scritto una bellissima pagina sull’intrigo internazionale “Russiagate”. Dall’agenzia di stampa è emerso che sono stati sentiti gli 007 italiani che hanno negato categoricamente ogni coinvolgimento nella vicenda della consegna dei due telefoni cellulari del professore Joseph Mifsud ad esponenti dei servizi americani.
Sta di fatto che i dati estrapolati da quei due apparecchi hanno portato, per ben due volte a Roma, ad agosto e settembre scorso, il ministro della Giustizia William Barr e il procuratore John Durham. I due alti rappresentanti della giustizia americana, in piena crisi di governo, hanno incontrato i vertici dei nostri servizi per chiedere notizie proprio su Mifsud, scomparso da mesi nel nulla. Secondo fonti giornalistiche il professore, scomparso dal 2017, sarebbe nascosto in Russia.
La notizia che il Dipartimento di Giustizia è in possesso di due BlackBerry appartenuti al professore maltese è emersa dopo che l’avvocato Sidney Powell, legale del generale Michael Flynn ha fatto richiesta all’Alta Corte di conoscere maggiori dettagli sui due apparati. Nella richiesta presentata alla Corte distrettuale del District of Columbia il 15 ottobre, l’avvocato Powell chiede al Dipartimento di Giustizia di “produrre prove di cui il Dipartimento è entrato in possesso solo recentemente”. Di qui l’associazione che alcuni media Usa fanno tra la visita di Barr a Roma e la comparsa improvvisa a Washington dei cellulari di Mifsud.
Secondo l’avvocato Powell, le prove citate “comprendono i dati e i metadati di due dispositivi” BlackBerry, dei quali vengono elencati modello, imei, pin e numero di sim. Si tratta di un BlackBerry 9900 Bold, numero di sim 8944100030207458(…); e di un BlackBerry SQC100-1, numero di sim 8944100030048762(…).
L’avvocato Powell spiega che la richiesta è stata avanzata al Dipartimento di Giustizia (dal quale dipende l’Fbi) inizialmente per e-mail l’11 ottobre, senza ottenere risposta. I dati e i metadati contenuti nei due BlackBerry “usati da Joseph Mifsud”, si legge nella richiesta presentata al tribunale, sono “materiale a discolpa e rilevante per la difesa” di Flynn. La Powell non rivela però come sia venuta a conoscenza dei due telefoni cellulari e, soprattutto, del fatto che essi siano ora in mano al Dipartimento di Giustizia Usa. L’avvocato, in un tweet del 15 ottobre, scrive che i due cellulari “erano stati dati in uso a Mifsud”.
Anche il legale di Mifsud, Stephan Roh, interpellato dall’Epoch Times, conferma che il Dipartimento di Giustizia Usa è in possesso dei due BlackBerry del professore maltese e afferma di essere a conoscenza del fatto che Mifsud li abbia usati per comunicare con “almeno una persona negli Usa“.
Roh aggiunge, “mi è stato spiegato che è possibile ricavare molti più dati e informazioni dai telefoni”. Nemmeno Roh, anch’egli figura discussa nell’ambito dell’affaire Russiagate per i suoi presunti legami con la Russia, spiega come sia venuto a conoscenza del fatto che ora i due dispositivi siano in possesso delle autorità Usa. Occorre ricordare che Flynn, ex consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, è stata la prima testa eccellente dell’Amministrazione Trump a cadere per l’affaire Russiagate. A dicembre del 2017 ammise di aver mentito all’Fbi durante un interrogatorio del gennaio dello stesso anno sui suoi rapporti col governo russo. Flynn, sulla scia della controinchiesta di Barr e Durham e seguendo le orme di George Papadopoulos, altra figura chiave del Russiagate e delle sue presunte diramazioni italiane, ora sostiene di essere stato ‘incastrato’.
Si evince chiaramente dalla richiesta presentata dal suo avvocato, nella quale la Powell scrive che i dati e i metadati dei due BlackBerry di Mifsud sono in particolare rilevanti riguardo “alle ‘OCONUS LURES‘ e agli agenti che servizi di intelligence occidentali hanno usato contro (Flynn) probabilmente a partire dal 2014″. Il termine ‘OCONUS LURES’ si riferisce a operazioni di controspionaggio condotte fuori dagli Stati Uniti. Sempre secondo la richiesta presentata al tribunale dall’avvocato di Flynn, gli agenti occidentali avrebbero “allestito – a sua insaputa – ‘connessioni’ con alcuni russi che avrebbero poi usato contro di lui per lanciargli false accuse”. Si tratta di una tesi che, pur spostando indietro la linea temporale, coinciderebbe con quella, mai dichiarata ufficialmente, della controinchiesta di Barr e Durham: l’Amministrazione Obama, con concorso dei servizi di intelligence di Paesi alleati (Italia, Regno Unito e Australia) ‘inquinò’ la campagna presidenziale di Donald Trump, per poterlo poi incastrare il tycoon in caso di elezione.
La stessa tesi sostenuta da George Papadopoulos, l’ex consulente della campagna di Trump, anch’egli condannato (12 giorni di carcere e un anno di libertà vigilata) per avere mentito all’Fbi sui suoi rapporti con esponenti russi. Papadopoulos, che ha scritto anche un libro al riguardo, sostiene di essere stato ‘agganciato’ da Mifsud nella primavera del 2016, poco dopo essere entrato nella campagna di Trump. In un incontro alla romana Link Campus University di Vincenzo Scotti, ha più volte affermato Papadopoulos, Mifsud, presunto ‘agente provocatore’ gli offrì del materiale “sporco” su Hillary Clinton, migliaia di email compromettenti, in possesso del governo di Mosca.
La circostanza è riferita anche nel Rapporto prodotto dal procuratore speciale Robert Mueller al termine della sua indagine sulle infiltrazioni russe nelle elezioni Usa del 2016, ed è considerata l’elemento scatenante del Russiagate.
Va detto che lo stesso Mueller, nell’audizione davanti al Congresso dopo la pubblicazione del suo rapporto, davanti alle domande incalzanti dei repubblicani che gli chiedevano come mai Mifsud non fosse stato perseguito dall’Fbi, cade alcune volte in contraddizione rispetto al ruolo del professore maltese, trincerandosi poi dietro il segreto dell’indagine. Nella conferenza stampa alla Casa Bianca con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lo stesso Trump ha detto di ritenere che le elezioni del 2016 furono “corrotte” e che la corruzione potrebbe “arrivare fino a Obama”. Non solo, pur ammettendo di “non conoscere i dettagli” dell’indagine di Barr, il presidente Usa ha affermato che anche l’Italia “potrebbe” essere coinvolta nella vicenda del Russiagate. Sulle visite di Barr e Durham a Roma, presto il premier Giuseppe Conte riferirà al Copasir.
Va ricordato che Papadopoulos, per avere affermato in un’intervista di ritenere che l’allora premier Matteo Renzi abbia tramato con l’Amministrazione Obama ai danni propri e di Trump, è stato querelato dal senatore di Italia Viva. La stessa Link Campus University, che ancora recentemente è stata definita dal New York Times un “vortice di intrighi” ha annunciato querele contro chiunque associ il nome dell’ateneo romano a operazioni poco pulite. La tesi della Link è che Papadopoulos e Mifsud, che nell’ateneo aveva un ruolo marginale, già si conoscessero prima dell’incontro romano. Comunque stiano le cose, qualcosa di più si potrà sapere dall’analisi dei dati dei cellulari di Mifsud. Come si legge nei documenti prodotti dall’avvocato Powell, in una email datata 15 ottobre, il Dipartimento di Giustizia risponde: “se stabiliremo che contengono informazioni divulgabili o rilevanti per la giustizia, ve li forniremo“. Di qui, la richiesta inoltrata direttamente al tribunale, che dovrebbe pronunciarsi il prossimo 7 novembre.