(di Giuseppe Paccione e Massimiliano D’Elia) La Nato da mesi con i suoi assetti è in continuo allarme e quasi ogni giorno si misura con le provocazioni russe. I nostri aerei dell’aeronautica militare presidiano il Baltico e in più di un’occasione hanno dovuto intercettare caccia russi che avevano violato lo spazio aereo dell’Alleanza.
Ieri si è concretizzata un’altra sfida nei fondali del Mar Baltico dove ad essere stati presi di mira sono stati i gasdotti che trasportano il gas alla Russia all’Europa, il Nordstream 1 e 2, mirante a trasportare il gas russo direttamente in Germania lungo il percorso del primo gasdotto Nord Stream sotto il Mar Baltico, che hanno iniziato a perdere gas in mare a causa di due consistenti falle nei condotti. Da subito (senza alcun indizio sostanziale) si è parlato di un presunto sabotaggio a firma russa ad opera di sub o addirittura di un sottomarino specializzato in tali attività. La preoccupazione della Nato non è rivolta solo ai gasdotti ma anche ai cavi sottomarini per internet che vengono danneggiati per lo più in modo accidentale ma possono essere sabotati per azioni di spionaggio, terrorismo e hybrid warfare, specie nel Mar Baltico.
La Nato ha quindi subito attivato le procedure che aveva già studiato in eventi di tal genere che sono parte di una strategia più ampia legata alla guerra ibrida tanto cara a Putin e al suo capo della Difesa, generale Valery Gerasimov. Al quartier generale della Nato a Bruxelles parlano di un tipico caso di guerra ibrida, che mette insieme l’asset energetico e la forza sottomarina. Sempre alla Nato si invita alla calma anche se i comandi marittimi dell’Alleanza hanno ricevuto l’ordine di incrementare la sorveglianza nelle aree sensibili e sugli assetti militari potenzialmente ostili. Ogni movimento russo nell’area del Baltico dovrà essere monitorato senza perdere di un centimetro le iniziative dei militari.
Sulla paternità del sabotaggio, dalle prime verifiche, e sugli Stati che posseggono tali capacità, la Russia risulta la più indiziata. La prudenza in questi casi è massima anche per la mera ragione che potrebbero configurarsi gli estremi per richiamare l’articolo 5 del Trattato, che prevede l’azione delle forze dell’Alleanza in caso di attacco a uno dei Paesi membri, ovviamente preceduto dall’articolo 4 che determina la consultazione. Ad essere stati attaccati sono asset considerati strategici per l’Unione europea, ma come sostengono gli analisti forse è meglio non alzare l’asticella del conflitto che dall’Ucraina potrebbe espandersi a macchia d’olio in tutto il mondo. Altra provocazione dello zar dei nostri giorni è l’esito del referendum (farsa) plebiscitario del Donbass dove il novanta per cento della popolazione ha scelto di aderire alla Russia. Dopo la ratifica del decreto di annessione della Duma il Donbass diventerà a tutti gli effetti territorio della Federazione russa. Il referendum non è stato riconosciuto dalla Comunità internazionale, anche se a seguire le fasi delle votazioni vi erano oltre cinquecento giornalisti che i russi dicono essere “indipendenti”. Un referendum contraddistinto dal fucile spianato e fatto casa per casa con urne trasparenti e schede non piegate. Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno promesso a Zelensky ulteriori finaziamenti ed armi.
I Cavi Sottomarini, asset strategico da proteggere
I cavi sottomarini delle telecomunicazioni sono circa 400 e collegano tutti i continenti scambiando il 95 per cento dei dati a livello globale. Ma chi costruisce queste arterie “vitali” per le comunicazioni mondiali? Una delle aziende leader nel settore è proprio Huawei. Azienda cinese, accusata dagli Stati Uniti di spionaggio per conto della Cina approfittando dei suoi contratti per realizzare in giro per il mondo il 5G, la rete cellulare di prossima generazione.
Nella maggior parte dei casi, i cavi sottomarini sono controllati dai grandi operatori telefonici, che si organizzano in consorzi per sostenere insieme i costi della loro posa e manutenzione nel corso del tempo. Molti operatori sono controllati direttamente dai governi, o hanno comunque storicamente stretti rapporti con loro, considerato che sulle loro reti passano dati di ogni tipo, compresi quelli per gestire le reti dei servizi e le infrastrutture. In tempi recenti grandi aziende di Internet come Facebook e Google hanno iniziato a realizzare cavi di loro proprietà, per potenziare i servizi che offrono agli utenti. Il traffico viene indirizzato sui cavi sottomarini a seconda delle esigenze del momento, quindi raramente si può avere un controllo completo sul mezzo attraverso cui passeranno le informazioni.
La costruzione del 5G è strettamente legata all’espansione della rete di cavi sottomarini per collegare i continenti. I ripetitori per i cellulari sono naturalmente collegati via cavo al resto di Internet e per la trasmissione di informazioni a grandi distanze, con oceani in mezzo, i satelliti non sono sufficienti. Reti ad alta capacità e velocità richiederanno una maggiore capacità di banda dei cavi sottomarini e la costruzione di nuovi collegamenti.
Una infrastruttura, quella dei cavi sottomarini, da cui transita tra il 95 e il 99% del traffico Internet mondiale e che veicola, quotidianamente, operazioni finanziarie per oltre 10 triliardi di dollari, abilitando la circolazione dei dati che consente di gestire supply chain sempre più complesse.
Il cloud, i servizi streaming video, il 5G, l’IoT, richiedono sempre maggiore larghezza di banda: la dipendenza dai cavi è destinata ad aumentare la messa in posa di nuovi segmenti della rete supera ogni anno nuovi record.
Se nel periodo 2016-2020 sono stati messi in posa in media 67.000 chilometri di nuovi cavi ogni anno, la stima per il periodo 2021-2023 sarà di 113.000 chilometri in media ogni anno.
Tale infrastruttura risulta, tuttavia, essere fragile ed esposta a molteplici rischi. L’analisi di questi rischi è un’attività che solo recentemente ha ricevuto l’interesse della comunità accademica, un fenomeno che Bueger e Liebetrau (2021) affermano derivare da una “tripla invisibilità” dei cavi sottomarini.
In termini statistici, la principale causa del danneggiamento dell’infrastruttura è il danno accidentale, circa il 40% del totale, imputabile ad attività come la pesca a strascico e la calata di ancore, in particolare nei pressi delle coste.
Il danneggiamento a seguito di fenomeni naturali si riferisce a terremoti, eruzioni vulcaniche, tempeste tsunami.
I cavi veicolano una grande mole di dati, anche sensibili e strategici, fornendo un grande vantaggio informativo a chi riesce ad accedervi.
Il rischio è quindi lo spionaggio, accentuato dalla capacità di accesso ai dati delle imprese o degli Stati che gestiscono i cavi ma anche da parte di altri attori che in determinate condizioni intercettano il segnale attraverso specifici recettori.
Accorgimenti che, per quanto necessari, creano nuove vulnerabilità: in particolare, una vulnerabilità cibernetica e una vulnerabilità agli attacchi terroristici.
L’importanza dei cavi renderebbe questa infrastruttura uno dei principali obiettivi di azioni di hybrid warfare soprattutto in regioni, quali il Mar Baltico, dove il danneggiamento di pochi nodi potrebbe compromettere le comunicazioni di interi Stati.