Il Consiglio straordinario della Commissione Ue di lunedì era sembrato un successo. Ieri invece alla riunione degli ambasciatori si sono riattivate alcune frizioni. Non solo la questione del petrolio (siamo ancora lontani sulla data per l’interruzione del trasporto via mare) ora ad inasprire il dibattito delle sanzioni alla Russia anche la questione del patriarca Kirill.
Il controverso capo della Chiesa russa-ortodossa e’ tra i piu’ stretti alleati e sostenitori di Vladimir Putin e le sue dichiarazioni anti-ucraine e a favore della guerra hanno destato indignazione in tutto l’Occidente. Il suo nome era stato inserito nella lista stilata dall’Ue, in riferimento a persone ed entità russe da colpire con il sesto pacchetto.
Ora visto che non ci sarà una votazione unanime, Kirill non subirà il peso delle sanzioni. Ora, però, a Bruxelles iniziano a non fidarsi più di Orban e a Palazzo Berlaymont stanno gia’ pensando all’imposizione di dazi sull’import di greggio via terra come extrema ratio nel caso l’Ungheria non rispetti i tempi – gia’ molto dilatati per Budapest – per l’embargo al petrolio.
Con la fumata nera del Coreper – Comitato dei rappresentanti permanenti -, Bruxelles rischia tuttavia di tornare al punto di partenza. L’ennesimo blitz di Orban potrebbe tuttavia danneggiare anche il suo stesso governo, perche’ allontana il si’ dell’Ue al Pnrr ungherese. Un si’ che e’ invece arrivato per il Recovery polacco, a testimonianza del fatto che, al di la’ delle valutazioni tecniche, sul placet di Bruxelles al Pnrr c’e’ anche molta politica.
L’annuncio sarà dato giovedì prossimo dalla stessa von der Leyen che sbloccherà 36 miliardi di euro a favore di Varsavia. La svolta, scrive l’Ansa, e’ giunta dopo l’adozione da parte della Camera bassa del Parlamento polacco di una legge che abolisce la sezione disciplinare della Corte Suprema. Ma ha contato, e non poco, l’estrema esposizione della Polonia sul fronte della guerra ucraina.
Non e’ stato un via libera facile, quello arrivato dal collegio dei commissari. I Socialisti & Democratici – che nell’esecutivo europeo esprimono il vice presidente Frans Timmermans – hanno chiesto coerenza alla Commissione, ribadendo che i fondi del Recovery dovranno essere erogati alla Polonia solo quando tutte le condizioni saranno soddisfatte dal governo Morawiecki.
Al Congresso del Ppe, a Rotterdam, von der Leyen nel frattempo e’ tornata a raccontare un’Europa unita e decisa a “far fallire” Putin.
Il leader russo e i suoi oligarchi “dovranno contribuire alla ricostruzione ucraina“, ha avvertito la presidente della Commissione sottolineando come, dopo lo stop al petrolio, l’Ue “dovra’ liberarsi anche del gas russo“.
“Una sanzione del genere danneggerebbe in modo insostenibile le nostre economie”, ha precisato il vicepresidente del Ppe Antonio Tajani esprimendo un concetto che tanti governi condividono. Il no al gas russo e’, per ora, impossibile. A renderlo impraticabile ci sono anche le resistenze, nella Commissione e in diversi Paesi Ue, sulla messa in campo di un nuovo Recovery – al quale guarda anche Roma – che finanzi le spese energetiche, di difesa e delle misure anti-inflattive.
“E’ un’opzione che non e’ sul tavolo. Si usino i fondi disponibili”, ha spiegato il commissario al Budget europeo Johannes Hahn, facendo riferimento alle risorse previste dal RePowerEu. Che in grandissima parte pero’ non sono fondi nuovi bensi’ risorse trasferite dal Next Generation Eu.