(di Francesco Matera) L’agenzia Associated Press, ieri, ha pubblicato sul suo sito una serie di documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riferiti al mese di gennaio scorso, quando il direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus lodava apertamente la cooperazione dei cinesi nello scambio delle informazioni.
In gran segreto, invece, i funzionari dell’Organizzazione erano molto preoccupati dai ritardi e dalle reticenze dei loro capi nel comunicare al mondo la verità. Sulla coscienza dei vertici dell’Oms e della Cina ci sarebbero 376mila morti da Covid-19, in tutto il mondo. Dato destinato ad aumentare nei prossimi giorni.
A rivelare lo scandalo le registrazioni, mail e documenti interni dell’Oms che dimostrano il controllo-censura serrata delle autorità sanitarie cinesi sui laboratori di ricerca. Di fronte alle evidenze scientifiche le autorità cinesi hanno ritardato a comunicare al mondo la gravità della situazione.
Il “Messaggero” riporta alcuni messaggi interni all’Oms. “Sappiamo troppo poco, non ci basta per pianificare” si sente dire il 6 gennaio a Maria Van Kerkhove, oggi responsabile tecnica per l’Oms per Covid-19.
“Ci ritroviamo ad avere i dati un quarto d’ora prima che siano annunciati al telegiornale cinese” commenta, sempre a inizio gennaio, Gauden Galea, il più alto funzionario Oms in Cina.
Intorno al 10 gennaio è Michael Ryan, capo delle emergenze sanitarie dell’Oms, ad accusare la Cina di non collaborare come fanno gli altri paesi e di precisare che il Congo aveva per fortuna cooperato molto di più di fronte all’epidemia Ebola.
La Cina ha ritardato nel comunicare la sequenza del genoma del nuovo coronavirus, isolato già il 27 dicembre scorso dal laboratorio privato Vision Medicals, dati confermati da altri tre laboratori, peccato che il 3 gennaio le autorità cinesi hanno ordinato di distruggere i campioni e i dati dei laboratori.
II 9 gennaio la prima vittima a Wuhan, un 61enne, confermata dalle autorità solo due giorni dopo.
I documenti, oramai non più segreti, dimostrano, quindi, l’assoggettamento omertoso di una parte del vertice dell’Oms al governo cinese. Il primo a reagire è stato il Presidente americano, Donald Trump, da sempre sostenitore del fatto che il virus fosse il risultato di un esperimento da laboratorio cinese. Da qualche giorno ha anche annunciato la fuoriuscita degli Usa dall’Oms non inviando più i fondi americani.
Da Pechino Liu Mingzhu, della Commissiona Nazionale della Sanità è categorico: ”Dall’inizio dell’epidemia abbiamo condiviso le informazioni con l’Oms e con la comunità internazionale in modo aperto, trasparente e responsabile”.
Nel frattempo la Cina va avanti come un treno. Ha annunciato che Wuhan è una città pulita, dopo aver compiuto 10 milioni di test sono (sarebbero) emersi zero malati e trecento casi positivi ma asintomatici.
I finanziamenti cinesi all’Oms
“Abbiamo agito in modo trasparente, abbiamo fornito tutte le informazioni nel modo più tempestivo possibile. Abbiamo condiviso la nostra esperienza senza riserve. Abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per assistere i paesi che ne avevano bisogno”. E’ quanto ha detto il presidente cinese, Xi Jinping, intervenendo alla 73esima assemblea annuale dell’Oms. “Ci vorrà un’indagine esaustiva sul Covid-19 – ha detto ancora Xi – basata su scienza e eseguita con professionalità, ma solo quando l’emergenza sarà sotto controllo”. Nello stesso consesso il presidente cinese ha annunciato che il suo Paese avrebbe donato “2 miliardi di dollari” all’Oms per combattere il Coronavirus e che se Pechino dovesse trovare un vaccino contro il Covid-19 ne farebbe “un bene pubblico mondiale”. Ma anche ad aprile scorso la Cina aveva annunciato una donazione di altri 30 milioni di dollari a favore dell’Oms, seguita ad un’altra donazione di 20 milioni di dollari avvenuta nel mese di marzo.
Il direttore dell’Oms e la Cina
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus per Trump e i suoi alleati internazionali è a tutti gli effetti un uomo di Pechino, come dimostrerebbe la sua eccessiva fiducia nella capacità delle autorità cinesi di gestire la crisi nelle sue fasi iniziali. Dall’altra parte, le autorità della Cina hanno levato gli scudi a difesa del numero uno dell’Oms che, per dirla con le parole del portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Zhao Lijian, “ha svolto il suo dovere mantenendo una posizione imparziale, obiettiva e basata sulla scienza”.
Nato nel 1965 ad Asmara, Tedros Adhanom Ghebreyesus si è laureato in Biologia nel 1986 per poi conseguire nel 1992 la laurea specialistica in Immunologia delle malattie infettive della Scuola di igiene e delle malattie tropicali dell’Università di Londra e il dottorato di ricerca nel 2000 all’Università di Nottingham. Dal 2005 al 2012 Tedros è stato ministro della Salute, periodo durante il quale il paese si distinse soprattutto per i progressi compiuti nella lotta contro la mortalità infantile, e nel luglio 2009 è stato eletto per due anni alla presidenza del Fondo globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria per poi ricoprire l’incarico di ministro degli Esteri, dal 2012 al 2016, prima di essere eletto direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 23 maggio 2017, primo africano della storia.
La prestigiosa rivista scientifica “The Lancet” lo ha etichettato con l’appellativo dispregiativo di “dittatore generale”. E non stupisce il fatto che fu lo stesso Mugabe – all’epoca presidente di turno dell’Unione africana – a spingere per far designare Tedros come candidato africano alla direzione dell’Oms. Non è un mistero, del resto, che l’attuale direttore dell’Oms rappresenti un paese, l’Etiopia, che fa parte (come lo Zimbabwe) di quel blocco di paesi africani che vantano strettissimi legami con la Cina.
Circa metà del debito estero etiope, infatti, è detenuto dalla Cina, che circa un anno fa ha accettato di rinegoziarne i termini con il premier Abiy Ahmed, designato premio Nobel per la pace nell’ottobre scorso.