(Ammiraglio Giuseppe De Giorgi) Ci sono centinaia di chili di plastica in un solo chilometro cubo di Mediterraneo. L’impressionante dato è stato diffuso dal ricercatore del Cnr Marco Faimali nel corso del convegno sulla pericolosità delle micro e macroplastiche nei mari e negli oceani, organizzato a Lerici (La Spezia) da Sea Shepherd.
«Se filtrassimo un chilometro cubo di acqua del Mediterraneo – ha spiegato Faimali – troveremmo da qualche decina sino a centinaia di chili di plastica. Il Mediterraneo è una delle zone più problematiche per questo aspetto: stiamo cercando di capire quali saranno gli effetti sull’ecosistema. La plastica non è un inquinante normale, assorbe altri agenti inquinanti e funge da vettore. Le plastiche si trasformano in particelle sempre più piccole, anche perché vengono triturate e mangiate dai pesci, rendendo sempre più complesso catturarle. Stiamo studiando quali sono ad esempio gli effetti sullo zooplacton. L’invasione silenziosa della marine litter è diventata ormai un problema globale. Il 3% della produzione annuale di plastiche finisce in mare».
Nel corso del convegno non sono mancati purtroppo altri elementi allarmanti sulla quantità di plastica in mare, rappresentanti dal “basurero” una scultura che raffigura un pesce con la pancia piena di rifiuti plastici realizzata dall’artista Margot Bertonati. La dispersione della plastica in mare provoca la morte di 100 mila mammiferi marini e di un milione di uccelli. Proprio i mammiferi marini sono i più esposti ai rifiuti plastici (43%), seguiti dagli uccelli marini (36%). Non sembrano invece avere scampo le tartarughe. Si calcola come ogni anno finiscano in mare dalle 8 alle 10 tonnellate di spazzatura, nel 75% dei casi si tratta proprio di plastica. Secondo una proiezione entro il 2025 ci saranno 64 milioni di spazzatura negli oceani. Pensate che una banale rete da pesca abbandonata, rischia di rimanere in mare per ben 650 anni. «Nelle zone riserva meno accessibili – ha spiegato la ricercatrice Silvia Merlino – la concentrazione di questi elementi è superiore che in altre aree». Si è visto infatti che le spiagge tendenzialmente protette sono quelle più inquinate dalla plastica, probabilmente perché essendo meno frequentate vengono ripulite di rado. La riflessione è emersa dal confronto tra le spiagge tutelate di Pianosa, Palmaria e San Rossore con altre più frequentate come quelle delle Cinque Terre o Lerici. Giuliana Santoro, referente per La Spezia di Sea Shepherd ha annunciato che sul fronte delle microplastiche ci sarà tutto l’impegno possibile da parte del movimento ambientalista per inserire la campagna in difesa del plancton tra le iniziative di Sea Shepherd. L’Italia è il secondo produttore di plastica in Europa, subito dopo la Germania, sarebbe importante se fosse proprio l’Italia a prendere la leadership sulle tecnologie e sulle iniziative concrete per limitare i danni delle plastiche in mare cominciando proprio dalla loro rimozione, prima che diventino “micro”.