L’analisi del professore Michael Clarke mette in luce la complessità della situazione ucraina e il ruolo cruciale che gli Stati Uniti giocheranno nei prossimi mesi. Senza un chiaro impegno americano, ogni tentativo europeo di stabilizzare l’Ucraina appare destinato al fallimento, sostiene lo studioso
Il professor Michael Clarke, ex direttore del Royal United Services Institute (RUSI) e attuale docente presso il dipartimento “Studi di Guerra” del King’s College di Londra, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Repubblica in cui esprime il proprio scetticismo sui piani di peacekeeping in Ucraina promossi dal premier britannico Keir Starmer, dal presidente francese Emmanuel Macron e da altri leader europei.
Secondo Clarke, i “volenterosi” stanno cercando di organizzare una forza militare credibile con truppe di terra e supporto aereo, ma si tratta principalmente di un piano politico volto a convincere l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump a fornire un deterrente di sicurezza per l’Ucraina. “Senza un forte deterrente USA anti-Russia, i soldati di peacekeeping con tutta probabilità verranno attaccati”, afferma Clarke.
Uno degli elementi critici del piano riguarda la gestione del vasto confine ucraino con la Russia, che si estende per circa 1200 chilometri. Clarke sottolinea che, per controllare un’area di tali dimensioni, sarebbero necessari almeno 300mila soldati. Anche ipotizzando un dispiegamento più contenuto, con 20-30mila militari posizionati nei centri strategici, il piano resterebbe impraticabile senza un deciso sostegno americano. “Londra non manderebbe mai soldati se ci fosse il minimo rischio di venire a contatto con i russi“, avverte l’analista.
Trump finora ha mostrato resistenza nel concedere un supporto strategico all’Ucraina, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha posto il veto su qualsiasi presenza di truppe europee nel paese, nelle trattative per un cessate il fuoco. Questo rende il piano di peacekeeping poco realistico nella sua forma attuale. Tuttavia, Clarke suggerisce che Starmer, Macron e gli altri leader sperano ancora in una svolta diplomatica, magari con un cambio di posizione da parte di Trump o con un ammorbidimento delle richieste di Putin.
Secondo Clarke, il conflitto ucraino potrebbe evolversi in tre direzioni:
Una tregua duratura: Mosca accetta una sospensione delle ostilità di 30 giorni, aprendo la strada a una pace stabile nel lungo termine. Un’impasse diplomatica: Putin protrae le trattative per settimane o mesi, costringendo l’Occidente ad attendere una reazione di Trump. Una soluzione imposta da Trump: il presidente americano concede ampie concessioni a Mosca, portando Kiev a continuare la guerra per la propria sopravvivenza e costringendo l’Europa a uno scontro diretto con gli Stati Uniti.
L’ultimo scenario, sottolinea Clarke, sarebbe il più pericoloso, poiché potrebbe spingere l’Europa a schierarsi contro Washington, creando una frattura interna all’Occidente.
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