Sepsi: da una fiammella può nascere un rogo necessari interventi precoci e coordinati. Regione toscana capofila nella lotta
(di Nicola Simonetti e Donatella Tansella) Sepsi: un rogo dell’organismo. Il piromane, un cosino –microbo – invisibile ad occhio nudo, accende una fiammella dalla quale divampa l’incendio. Ed è subito emergenza, rischio di coinvolgimento totale e, persino, di distruzione definitiva.
Ma, quando non uccide (tre su 10 muoiono subito oppure entro un anno), la sepsi – dice il prof. Sabino Scolletta, direttore Rianimazione e Medicina critica az. Ospedaliero universitaria Siena – lascia i segni del proprio passaggio: cicatrici, quasi sempre deturpanti, e, in 2 su dieci, gravi disturbi che includono importanti limitazioni funzionali e cognitive. Un soggetto su cinque ospedalizzati per sepsi, comunque, entro un mese dalla dimissione, necessita di nuovo ricovero.
Potrebbero raccontarlo personaggi storici come Lucrezia Borgia, Francesco I di Valois, Ferdinando II e tanti altri titolati od anonimi cittadini vittime di questa devastazione che, oggi, nonostante i mezzi disponibili, colpisce, ogni anno nel mondo, fino a 30 milioni di persone e ne uccide 7-9 milioni (in Italia, 34.000).
L’Italia è fanalino di coda, per numero di casi e di morti da sepsi, in Europa (dat Global Sepsis Alliance). Ma c’è un’isola “felice – la Toscana, dove è stato formulato un piano Operativo che fa scuola: in occasione della Giornata Mondiale della Sepsi, un piano operativo (“Cell to Action”), documento che fa scuola: un lavoro di squadra frutto del contributo di professionisti di diversa estrazione, con il coordinamento del Centro Regionale di Gestione del Rischio Clinico e dell’Agenzia Regionale di Sanità.
La sepsi è causata da una risposta sregolata a un’infezione da parte del sistema immunitario che, invece di reagire contro i microorganismi invasori, attacca l’organismo stesso, danneggiando anche organi e tessuti che non sono sede dell’infezione primaria. Si tratta di una grave complicazione che mette in pericolo la vita nell’arco di poche ore. Per questa ragione la si può definire come una patologia tempo-dipendente, al pari dell’ictus o dell’infarto miocardico, ed impone una risposta sanitaria rapida che presuppone una diagnosi altrettanto tempestiva e soprattutto accurata. Il fattore tempo e il ruolo della microbiologia sono fondamentali per un’adeguata risposta sanitaria che deve essere interdisciplinare e integrata.
Cattiva igiene, uso inappropriato degli antibiotici, carente osservanza delle vaccinazioni consigliate, riconoscimento e trattamento dilazionati nel tempo rappresentano altrettanti “attizza fuoco” da combattere ed evitare.
“Questa patologia – dice Fabrizio Gemmi, coordinatore Osservatorio Qualità e Equità ARS Toscana – riguarda circa l’1,8 per cento dei pazienti ricoverati in Toscana, con un’incidenza pari a 261 pazienti ogni 100.000 abitanti”.
“Proprio per il fatto che il rischio sepsi è multifattoriale, il principio ispiratore di fondo del nostro documento d’indirizzo Call to Action è stato quello di promuovere la consapevolezza del problema in tutti i settori del Servizi Sanitari coinvolti, dai consultori all’emergenza territoriale e alla medicina di base. Occorre poi fare in modo – aggiunge – ha dichiarato Giulio Toccafondi, Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente, Regione Toscana – che, una volta identificato un caso di sepsi le risorse del sistema sanitario operino in sinergia e in modo integrato, attraverso il concorso di più professionisti, che si ritrovino intorno al letto del paziente, superando l’abituale routine del singolo reparto”.
Centrale è anche il ruolo dei Laboratori e della Microbiologia. “L’emocoltura è l’indagine microbiologica fondamentale per identificare i batteri eventualmente presenti nel sangue. Per un orientamento diagnostico rapido esistono inoltre biomarcatori e, oggi, sono disponibili metodiche di microbiologia rapida (“fast microbiology”), che accorciano notevolmente i tempi della diagnosi e consentono di identificare i batteri in attesa dell’esito dell’emocoltura, verificando se siano portatori di resistenza nei confronti degli antibiotici di maggiore impiego. Informazione, quest’ultima, estremamente preziosa perché, in attesa dell’antibiogramma, consente di definire la corretta e personalizzata terapia antibiotica, la cui precocità è determinante per la prognosi” (prof. Gian Maria Rossolini, università, Firenze).
In sintesi si può affermare che:
- circa il 70% delle decisioni cliniche sono guidate da esami di laboratorio: per questa ragione è molto importante poter contare su risultati affidabili, rapidi e di alta qualità
- gli esami microbiologici eseguiti tempestivamente e senza margine di errore sono fondamentali per individuare una terapia mirata, migliorando le possibilità di guarigione del paziente e riducendo il rischio di un uso inappropriato degli antibiotici
- se i laboratori di microbiologia non rispondono ai migliori standard organizzativi e tecnologici disponibili, i risultati possono non essere affidabili mettendo a rischio l’inizio di una corretta terapia
- per garantire che i laboratori rispondano agli standard di qualità necessari bisogna puntare sulla riorganizzazione dei laboratori in modo da utilizzare al meglio le più avanzate tecnologie diagnostiche all’interno di processi nuovi e migliorati; in questo senso l’automazione può rappresentare un vantaggio, garantendo la completa tracciabilità dei campioni, dall’accettazione fino al referto finale e una semplificazione di processi complessi, con tempi di risposta più rapidi
Nell’ultimo report pubblicato, relativo al 2018 (scaricabile dal link http://www.giviti.marionegri.it/Download/ReportPetaloInfezioni_2018_IT_TIPolivalenti.pdf), sono raccolti i dati dei 37.926 pazienti ricoverati nei 118 reparti di terapia intensiva che hanno aderito al progetto: di questi 12.609 hanno sviluppato infezioni, nel 19,6% dei casi senza sepsi, nel 51,4% complicata da sepsi e nel restante 29% da shock settico. La mortalità in terapia intensiva per sepsi e shock settico è stata rispettivamente del 18,4% e del 46,1%.
Lo sforzo della Regione Toscana è quello di creare un Osservatorio della Sepsi con i dati ricavati dalle schede di dimissione ospedaliera (SDO) e quindi da tutti i reparti ospedalieri, compilate con una corretta codifica della sepsi e dello shock settico. È perciò fondamentale la creazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità di un Osservatorio Nazionale della Sepsi e dello Shock Settico.