Si riapre il caso dell’omicidio Mattarella

Il contesto politico e personale di Piersanti Mattarella. Piersanti Mattarella era un esponente di spicco della DC siciliana e seguace degli insegnamenti di Aldo Moro. La sua attività politica si distingueva per la volontà di riformare la pubblica amministrazione e combattere la corruzione. Era lontano dal classico profilo del notabile siciliano, spesso associato alla connivenza con ambienti mafiosi. Questo lo rese un bersaglio per Cosa nostra, che vedeva nella sua politica una minaccia diretta ai propri interessi. Per i collaboratori di giustizia, l’omicidio fu approvato dalla Commissione mafiosa in un clima di “convergenze di interessi” tra la mafia e settori deviati dello Stato.

L’agguato. Il delitto avvenne davanti all’abitazione della famiglia Mattarella, in pieno centro a Palermo. Erano le prime ore del mattino del giorno dell’Epifania. Piersanti Mattarella si trovava al volante della sua auto, con la moglie seduta al suo fianco. Un giovane, descritto come robusto, con capelli castani, occhiali a specchio si avvicinò velocemente all’auto. Usò una Colt Cobra calibro 38 per sparare attraverso il finestrino, ma l’arma si inceppò dopo i primi colpi. Un complice, a bordo di una Fiat 127, gli passò un altro revolver, uno Smith & Wesson, con cui completò l’omicidio, ferendo anche la moglie.

L’identikit del killer, elaborato grazie alla testimonianza della moglie e di altri testimoni, suggeriva un uomo di circa 25 anni. I sospetti caddero su Valerio Fioravanti, leader dei Nar, ma le indagini successive non riuscirono a confermare il suo coinvolgimento.

Le prime indagini e i depistaggi. Le prime indagini furono segnate da una serie di depistaggi e false piste. Giovanni Falcone, magistrato che indagò sul caso, sostenne la matrice mafiosa del delitto, ma non escluse la possibilità di un coinvolgimento del terrorismo nero come esecutore materiale. L’arma usata nell’omicidio di Mattarella fu collegata a quella utilizzata per uccidere il magistrato Mario Amato, suggerendo un possibile filo conduttore tra mafia e ambienti eversivi di estrema destra. Tuttavia, queste ipotesi rimasero inconcluse.

Collaboratori di giustizia come Francesco Marino Mannoia e Tommaso Buscetta confermarono il ruolo della Commissione di Cosa nostra nella decisione di eliminare Mattarella. Nessuno, però, volle esporsi direttamente per non attirare su di sé l’attenzione.

Il ruolo dei Madonia e i legami con i servizi deviati. La famiglia Madonia era profondamente radicata nel tessuto criminale di Palermo e aveva rapporti consolidati con apparati deviati dello Stato. Secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Nino Madonia godeva di un’autorità straordinaria all’interno di Cosa nostra, tanto da essere descritto come una figura quasi divina nel contesto mafioso. La famiglia era coinvolta in attività eversive già dagli anni ’70, con attentati e operazioni che suggerivano una stretta connessione con settori deviati dei servizi segreti. L’agguato a Mattarella avvenne nel territorio controllato dalla famiglia Madonia, ma non ci furono riconoscimenti diretti da parte dei testimoni sui possibili esecutori, come Prestifilippo, Lucchese o Marino Mannoia. Questo contribuì a mantenere l’alone di mistero intorno al caso.

I nuovi sviluppi. La Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella, ha raccolto negli ultimi anni nuovi elementi e testimonianze, mantenuti sotto il massimo riserbo. Questi potrebbero finalmente portare all’identificazione dei sicari e a un nuovo processo. Le nuove indagini si basano su rivelazioni che rafforzano il quadro accusatorio, confermando il coinvolgimento diretto di soggetti legati a Cosa nostra.

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