(di Massimiliano D’Elia) Continuano le azioni pubbliche tendenti a delegittimare le associazioni sindacali militari che grazie alla sentenza della Corte Costituzione n. 120/2018, stanno nascendo dopo il parere dei capi delle forze armate e il decreto di assenso del ministro della difesa.
Tutto secondo le norme. Presso la Commissione DIfesa della Camera dei Deputati è in discussione una proposta di legge, per normare le associazioni sindacali, che prende il nome dalla sua relatrice del M5S, onorevole Emanuela Corda.
Tutto sta avvenendo in maniera legale, alla luce del sole e con il nobile intento di adeguare le legittime aspettative del personale con le stellette a quelle che hanno da tempo le altre forze armate europee. Ciononostante ci sono alcuni alti ufficiali generali in ausiliaria, ovvero in congedo che “pubblicamente” avversano un processo epocale che dà lustro ad un Paese che con il sangue dei suoi cittadini ha raggiunto, nella storia, la “democrazia”, il “pluralismo” e la possibilità di poter far esprimere a tutti i suoi cittadini un diritto superiore ed assoluto quale quello di “opinione”. Mancava proprio questa “possibilità” ai cittadini in uniforme considerati “unici per diritto e speciali”, perchè con il giuramento di fedeltà alla Repubblica servono il proprio Stato fino all’estremo sacrificio. Tanti sono i militari e poliziotti che hanno perso la vita in servizio per la propria Nazione.
Sgomento e incredulità avvolgono i pensieri dei sindacalisti militari quando sono stati paragonati, da un alto ufficiale militare in ausiliaria, a tanti “Checchi Zalone pronti ad accaparrarsi il posto fisso”.
Parole che come fendenti feriscono l’anima di coloro che hanno deciso di mettersi in prima linea per fare la storia, per fondare a creare le basi “solide” del sindacato militare da lasciare in eredità ai loro successori.
Poi perchè deridere Checco Zalone, un artista unico nel suo genere che è stato in grado di portare nelle casse del cinema e teatro italiano decine di milioni di euro?. Un posto di lavoro? Peccato che non si conosce affondo lo spirito e le regole del sindacato militare. I vari “sindacalisti militari”, sono personale in servizio che hanno già un posto di lavoro, sono pagati dallo Stato in quanto servitori dello Stato. Alle associazioni militari possono aderire soltanto personale in servizio e in ausiliaria. Dove sono questi posti di lavoro?
E’ davvero un peccato che si parli pubblicamente di argomenti che non si conoscono, ovvero si disconoscono.
Per rappresentare un Paese come l’Italia in Europa occorre un altro spirito: democratico, inclusivo, pluralista e soprattutto rispettoso delle Istituzioni nazionali e comunitarie. Oramai il processo in atto è ineludibile, come fu con l’ingresso delle donne nelle Forze armate.
Genesi del Sindacato Militare
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120 del 2018, innovando il proprio precedente e consolidato orientamento giurisprudenziale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), in quanto prevede che “I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali” invece di prevedere che “I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali”.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata da due distinte ordinanze di rimessione, rispettivamente del Consiglio di Stato (R.G. n. 111/2017) e del T.A.R. Veneto (R.G. n. 198/2017), relative all’asserito contratto del richiamato art. 1475, 2° comma del Codice dell’ordinamento militare, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, con indicazione, quali norme interposte, sia di alcuni articoli della CEDU, sia dell’art. 5 terzo periodo, della Carta Sociale Europea (CSE) paragrafo unico, terzo periodo, della Carta sociale europea che riconosce il diritto di associazione sindacale. Nello specifico, venivano richiamati gli articoli 11(“Libertà di riunione e di associazione”) e 14 (“Divieto di discriminazione”) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), come da ultimo interpretati dalle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia e Association de Défense des Droits des Militaires (ADefDroMil) contro Francia: In estrema sintesi, con la sentenza n. 120 del 2018 la Corte:
- ha riconosciuto la legittimità di associazioni professionali di personale militare a carattere sindacale;
- ha rinviato ad un apposito provvedimento legislativo la definizione delle condizioni e dei limiti di tale riconoscimento.
- ha confermato la legittimità del comma 2 dell’articolo 1475 nella parte in cui ha stabilito il divieto per il personale militare di aderire ad altre associazioni sindacali, “divieto dal quale consegue la necessità che le associazioni in questione siano composte solo da militari e che esse non possano aderire ad associazioni diverse”.