La situazione di crisi in Siria, dove dal marzo 2011 hanno perso la vita oltre 340 mila persone, sta diventando sempre più critica.
Dopo gli otto round di colloqui tentati dall’Onu a Ginevra- da ultimo quello di dicembre dove le parti in conflitto- il regime di damasco e i ribelli- non sono riuscite ad accordarsi sull’ostacolo principale rappresentato dal futuro presidente siriano Bashar al-Assad[1], si avviano oggi, a Vienna, 2 giornate di negoziati, mediati dalle Nazioni Unite, per cercare di trovare una soluzione politica alla crisi.
Staffan de Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite, ha dichiarato che i negoziati di Vienna prevedono “delegazioni complete” dell’opposizione e del governo.
Nasr al-Hariri, rappresentante della Commissione siriana per i negoziati, ha affermato che questi incontri rappresenteranno “un vero test per tutte le parti”.
Il Ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, dopo aver evidenziato il considerevole peggioramento della situazione umanitaria ad Afrin, dove da sabato è in corso l’offensiva militare turca “Ramoscello d’ulivo”, così come a Idlib- dove l’esercito siriano sostenuto dalla Russia ha lanciato un’offensiva militare alla fine del 2017 per riconquistare l’ultima zona ancora completamente fuori dal controllo del regime- e nella Ghouta orientale, ha affermato che i colloqui di Vienna rappresentano “l’ultima speranza” per raggiungere una soluzione politica.
Il momento resta molto critico.
[1] l’opposizione insiste che lasci la presidenza, mentre i rappresentanti del regime di Damasco rifiutano di incontrare i ribelli fino a quando non cambieranno idea a proposito