La ripresa, avuta negli ultimi giorni, delle relazioni diplomatiche tra Iran e Qatar sicuramente influirà sugli sviluppi regionali, ed in particolare sul futuro della Siria. Non è un caso che l’intenzione di Doha di “rafforzare le relazioni bilaterali con la Repubblica islamica dell’Iran in tutti i campi” abbia acuito la crisi tra i Paesi del Golfo, finendo per allontanare la dimensione settaria tra sunniti e sciiti nei conflitti regionali. Oltre ai membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, la decisione di Doha ha colto tutti di sorpresa, anche gli Stati Uniti. Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere che “esistono questioni diplomatiche in divenire, di cui non abbiamo piena consapevolezza, o di cui non possiamo ancora parlare apertamente. Non sappiamo dire ancora se si tratti di una cosa buona o meno. Ma in generale, rimaniamo molto preoccupati per le condizioni della disputa e questo possiamo dirlo apertamente”.
Dal punto di vista iraniano, Teheran con il riavvicinamento a Doha aggiunge un’altro paese a maggioranza sunnita – dopo la recente visita ad Ankara del Generale dei Pasdaran, Mohammad Bagheri – al suo network di relazioni regionali. Il Qatar, in modo non dissimile alla Turchia, ha avuto un ruolo di primo piano nel sostegno delle opposizioni al regime di Assad, in particolare al movimento salafita noto col nome di Ahrar Al Sham, appartenente o tangente l’opaca orbita qaedista, che oggi ha una presenza molto forte nella città di Idlib. E’ fuor di dubbio che Iran e Qatar abbiano attualmente idee diverse, se non opposte, sul futuro della Siria: se però l’obiettivo di breve termine è quello di perseguire una parziale pacificazione del Paese e far diminuire l’intensità degli scontri armati, come da intenzioni del meeting di Astana, il riavvicinamento tra i due paesi potrebbe avere effetti positivi. Non solo per la Siria, bensì anche per lo Yemen, dove l’Arabia Saudita fa i conti con il crescente stigma internazionale, dovuto alla crisi umanitaria acuita dai bombardamenti aerei di Riad. Se gli impegni della coalizione internazionale a guida Usa sembrano essere rivolti contro l’Isis e la sua ormai ex capitale Raqqa, quello di Idlib potrebbe presto diventare un nuovo fronte, per via del dominio esercitato dai gruppi afferenti all’orbita qaedista, come Ahrar al Sham stessa o Hayat Tahrir al Sham. Secondo l’analista Ali Hashem “l’Iran ha bisogno dell’assistenza turca per far finire la guerra in Siria, visti i legami di Ankara con diversi gruppi – come quelli citati – che Teheran attualmente considera terroristi. O la Turchia abbandona questi gruppi o li convince al disarmo, solo con queste premesse si può pensare ad una soluzione politica. Uno sviluppo che secondo Amberin Zaman, sarebbe già in essere, con Ankara che avrebbe chiesto ad Hayat Tahrir al Sham lo smantellamento, affinchè sia più semplice liberare la provincia di Idlib dalla morsa di al Qaeda, e dai conflitti interni alla sua orbita. Formalmente, sia Russia, che Stati Uniti e Turchia considerano Hayat Tahrir al Sham una organizzazione terroristica. In questo senso, l’eventuale scivolamento del Qatar su posizioni più vicine a Teheran potrebbe influire sul corso degli eventi, vista l’influenza di Doha – economica soprattutto – sui gruppi che oggi dominano la città settentrionale della Siria.
Foto Asia News