Secondo quanto riferito dall’Osservatorio dei diritti umani, è salito a circa 900 il bilancio dei civili morti negli ultimi 18 giorni durante l’offensiva dell’esercito siriano ad “al Ghouta”, sobborgo controllato dai ribelli situato ad est di Damasco.
Secondo i dati riportati dall’Osservatorio, quasi il 40 per cento dei civili sono stati uccisi dalla fine di febbraio, dopo l’approvazione della risoluzione 2401 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che istituisce una tregua di 30 giorni, e dopo il cessate il fuoco di cinque ore proclamato ad al Ghouta dal presidente russo, Vladimir Putin. Prima della guerra, ad al Ghouta vivevano circa 400 mila persone.
Prosegue, dunque, l’offensiva siriana su al Ghouta, il cui territorio è ormai diviso a metà, con le forze del governo di Damasco che controlla circa il 50 per cento della zona orientale, dove sono asserragliate le formazioni ribelli. Nel corso della mattinata di oggi, sono stati effettuati nuovi bombardamenti aerei nei pressi di Arbin, Mesraba, Madyara, Hamouriyah, e Jisrayn, mentre l’esercito siriano avanza con il coordinamento russo, scontrandosi con i miliziani di Jaish al Islam e Faylaq al Rahman.
Ingy Sedky, portavoce della Croce rossa internazionale, ha annunciato che questa mattina, a causa degli scontri a fuoco, è stato nuovamente revocato l’invio di un nuovo convoglio umanitario ad al Ghouta. Questi afferma che “la situazione non ci permette di operare in simili condizioni”. Ieri, 7 marzo, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, aveva espresso la sua preoccupazione per i reiterati attacchi nell’area di al Ghouta, che hanno impedito la consegna di aiuti umanitari per 27 mila persone.
Nella stessa giornata, la commissione delle Nazioni Unite sui crimini di guerra ha pubblicato un rapporto che conterrebbe prove dell’utilizzo di armi chimiche ad al Ghouta, oltre ad una denuncia dell’Unicef rispetto alle drammatiche condizioni dei bambini dell’area.