Tra bonus economici, cassa integrazione, assunzioni/investimenti nella sanità, sospensione e taglio delle tasse, ristori, sussidi, contributi a fondo perduto, etc., l’anno scorso ogni cittadino italiano ha ipoteticamente ricevuto 1.979 euro dallo Stato per fronteggiare gli effetti negativi provocati dalla pandemia, contro una media dei paesi dell’Area Euro che si stima in 2.518 euro pro capite (+539 euro rispetto alla media Italia).
Sebbene siamo stati la nazione che in Europa ha registrato il più alto numero di vittime a causa del Covid e, contestualmente, abbiamo subito il crollo del Pil tra i più rovinosi di tutta l’UE, nel confronto con i principali paesi dell’Unione siamo, assieme alla Spagna, coloro che hanno “aiutato” in misura più contenuta i propri cittadini/imprese.
L’Austria, ad esempio, ha erogato 3.881 euro per ogni abitante (+1.902 euro rispetto a noi), il Belgio 3.688 euro (+1.709 euro), i Paesi Bassi 3.443 euro (+1.464 euro), la Germania 2.938 (+ 959 euro) e la Francia 2.455 euro (+476 euro rispetto all’Italia). Solo la Spagna, con 1.977 euro pro capite, ha stanziato leggermente meno di noi (-2 euro).
Questa comparazione, riferita al 2020, ovviamente non include i 32 miliardi di euro di scostamento di bilancio che sono stati approvati dal Parlamento italiano nello scorso mese di gennaio e che, nei prossimi giorni, dovrebbero consentire l’approvazione del “decreto Sostegno”.
Tornando al confronto riportato all’inizio di questa nota, lo scostamento del deficit pubblico italiano (dato dalla differenza tra quello riferito al 2020 e la media 2015-2019) è stato, in valore assoluto, pari a 118 miliardi di euro. Tra i paesi dell’Area Euro solo la Germania (244,3 miliardi) e la Francia (165,3 miliardi di euro) hanno introdotto delle misure economicamente più espansive delle nostre. La Spagna, che in termini pro capite presenta lo stesso nostro importo, in termini assoluti risulta aver “erogato” molto meno: precisamente 93,6 miliardi.
• Un Paese in “rosso” che rischia di perdere tanti piccoli commercianti e altrettanti artigiani
Visto l’andamento dei contagi di questi ultimi giorni, nelle prossime 2-3 settimane una buona parte del Paese si troverà in “rosso”. Pertanto, moltissime attività commerciali (abbigliamento, calzature, articoli sportivi, etc.) e dei servizi alla persona (barbieri, parrucchieri ed estetiste) rimarranno chiusi. Senza contare che i bar e i ristoranti sono stati costretti ad abbassare la saracinesca già dal momento in cui la regione di appartenenza è diventata “arancione”. Dalla CGIA fanno sapere che nessuno mette in discussione il diritto/dovere del governo di introdurre delle limitazioni alla mobilità e imporre la chiusura delle attività economiche al fine di tutelare la salute pubblica. Quello che gli operatori contestano è che gli indennizzi economici fino ad ora erogati alle attività che sono state costrette a chiudere sono arrivati in grave ritardo e sono stati del tutto insufficienti. Negli ultimi mesi, inoltre, la situazione è addirittura peggiorata. A seguito dei mini-lockdown imposti negli scorsi mesi di novembre e dicembre, a distanza di quasi 2 mesi e mezzo i risarcimenti devono ancora essere definiti e, conseguentemente, stanziati. Un ritardo che sta mettendo in seria difficoltà economica tantissime micro e piccole attività commerciali ed artigianali.
• Il “decreto Sostegno” non convince ancora
Sebbene sia stata superata la logica dei codici ATECO, il nuovo “decreto Sostegno”, in fase di definizione in questi giorni dal Governo Draghi, non persuade ancora gli artigiani e i piccoli imprenditori mestrini. In primo luogo perché i tempi di erogazione si stanno allungando ingiustificatamente; in secondo luogo perché pare che questa misura non includa ancora stanziamenti pubblici in grado di compensare una percentuale significativa dei mancati incassi, ma nemmeno parte delle spese fisse che le attività, in particolar modo quelle chiuse per decreto, continuano a sostenere.
Sottolineiamo che nei mesi scorsi l’Unione Europea ha modificato il Temporary Framework (quadro temporaneo per le misure degli aiuti di Stato alle imprese) procrastinandone gli effetti fino al 31 dicembre di quest’anno. Tra le altre cose, agli Stati membri è stata concessa la possibilità, per sostenere le attività che hanno registrato una caduta del fatturato di almeno il 30 per cento, di alzare da 800 mila a 3 milioni di euro il tetto degli aiuti di Stato. Una via subito praticata dalla Francia che da gennaio ha annunciato sostegni fino al 70 per cento dei costi fissi a supporto delle imprese più colpite dal lockdown.
È evidente che questa ulteriore spesa corrente contribuirebbe ad aumentare il debito pubblico del nostro Paese, ma è altrettanto vero che se non salviamo le imprese e i posti di lavoro, non poniamo le basi per far ripartire la crescita economica che rimane l’unica possibilità in grado di ridurre nei prossimi anni la mole di debito pubblico che abbiamo spaventosamente accumulato con questa crisi. Con il rischio di una desertificazione che va a colpire soprattutto i centri storici e i nostri quartieri, poiché non potranno più contare sulla presenza di tantissime botteghe artigiane e negozi di vicinato.
• La metodologia di calcolo adottata
L’Ufficio studi della CGIA è giunto ai risultati riportati più sopra, comparando il deficit pubblico del 2020 con il dato medio, sempre dello stesso indicatore, registrato nel quinquennio precedente (2015-2019). Il deficit pubblico, si ricorda, è la differenza tra le spese dello Stato e le entrate che lo stesso preleva dalle tasche dei cittadini e delle imprese attraverso le tasse e i contributi. Pertanto, il deficit pubblico (o indebitamento netto) in questa fase storica è un dato che approssima le misure espansive che, per quanto riguarda il nostro Paese nel 2020, sono ascrivibili ai vari provvedimenti approvati da marzo in poi (“Cura Italia”, “Decreto Rilancio”, “Decreto Liquidità”, “Garanzia Italia”, “Decreto Agosto”, i vari “Decreti Ristori”, etc.), a cui va sottratto il mancato gettito tributario causato della contrazione del reddito subita dagli italiani.
Va, comunque, sottolineato che, nel caso Italia, i dati del 2020 sono ancora provvisori e sono stati estrapolati dal comunicato stampa presentato dall’Istat all’inizio della settimana scorsa . Per gli altri Paesi dell’Area Euro, invece, i dati sono previsionali (elaborati nel novembre 2020 dalla Commissione Europea ). Per tutti i Paesi presi in esame in questa elaborazione, le garanzie sui prestiti erogati l’anno scorso dai singoli Stati non sono incluse nel deficit pubblico.