In un contesto di crescente tensione e violenza nella Striscia di Gaza, un recente attacco dell’esercito israeliano ha provocato la morte di numerosi civili, inclusi bambini. Questo episodio è emblematico dell’intensificarsi del conflitto e dell’aggravarsi delle condizioni umanitarie. Le dichiarazioni della ministra degli Esteri tedesca Baerbock mettono in luce l’urgenza di garantire un accesso costante agli aiuti umanitari ma l’appello della comunità internazionale, tuttavia, si scontra con una realtà complessa e drammatica, in cui l’impossibilità di assistere le persone colpite accentua ulteriormente le sofferenze di una popolazione già stremata.
di Antonio Adriano Giancane
Un raid dell’esercito israeliano ha colpito una casa nel nord di Gaza, causando la morte di almeno 34 persone, tra cui 14 bambini, secondo la Difesa civile palestinese. L’attacco è avvenuto domenica mattina nella città di Jabaliya, dove l’abitazione colpita ospitava famiglie sfollate. Secondo Mohammed Al Moghayer, portavoce del servizio di emergenza, il bilancio delle vittime è destinato a salire poiché molte persone sono ancora intrappolate sotto le macerie. Numerosi feriti sono stati trasportati all’ospedale AlAhli di Gaza City.
L’esercito israeliano, rispondendo alle domande sull’incidente, ha affermato di aver colpito “un sito di infrastrutture terroristiche” a Jabaliya e che sono state adottate numerose misure per evitare danni ai civili, sebbene non siano state fornite prove a supporto di questa dichiarazione. Sul campo, i racconti dei testimoni riportano immagini di devastazione. Ahmed Radwan, un abitante del quartiere, ha raccontato di aver sentito l’esplosione durante la preghiera dell’alba. “È stato terrificante”, ha dichiarato, descrivendo come l’intensità dell’esplosione abbia lasciato sul terreno i corpi della famiglia Allush, suoi vicini di casa. Alcuni residenti, tra cui bambini, erano senza arti; molti erano morti.
Il dottor Hussam Abu Safyia, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, ha riferito di aver ricevuto “chiamate angoscianti” su persone intrappolate sotto le rovine. Tuttavia, il personale medico è ridotto, e anche il Kamal Adwan, uno dei pochi ospedali rimasti operativi nel nord di Gaza, è stato danneggiato dai bombardamenti.
La situazione si aggrava di giorno in giorno: Jabaliya, come altre zone del nord di Gaza, è stata colpita ripetutamente mentre l’offensiva israeliana si intensifica per “eliminare la presenza di Hamas” nelle aree settentrionali della Striscia. L’ONU ha riferito che gli ordini di evacuazione emessi dall’esercito hanno costretto circa 100.000 persone a lasciare le proprie case e spostarsi verso Gaza City nell’ultimo mese, ma si stima che tra le 75.000 e le 95.000 persone siano rimaste, prive di mezzi economici per fuggire o preoccupate di non poter più tornare nelle loro abitazioni.
L’allarme umanitario cresce, con l’ONU e i gruppi di assistenza che denunciano la difficoltà di portare aiuti in un territorio continuamente bombardato. Il rischio di carestia imminente per chi rimane nel nord di Gaza è stato ribadito da un gruppo di lavoro sostenuto dalle Nazioni Unite, che ha esortato ad agire “entro giorni, non settimane”.
Nel frattempo, a Gaza City un altro attacco aereo su un edificio residenziale ha causato la morte di cinque persone, con le squadre di soccorso locali che, in condizioni estreme, continuano a cercare sopravvissuti. Tuttavia, come dichiarato dalla Difesa civile palestinese, gli incessanti attacchi impediscono ai soccorsi di raggiungere le aree più colpite, lasciando migliaia di persone “senza assistenza umanitaria”.
Sul fronte internazionale, la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha rinnovato l’appello a Israele affinché consenta l’ingresso di maggiori aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. “Negli ultimi dodici mesi non sono mai arrivati così pochi aiuti alla Striscia di Gaza come ora,” ha dichiarato Baerbock domenica, sottolineando che l’attuale livello di aiuti umanitari è drasticamente insufficiente.
Nel suo intervento, Baerbock ha ribadito che il diritto di Israele all’autodifesa deve rispettare i limiti imposti dal diritto internazionale umanitario, il quale richiede che “l’accesso umanitario sia garantito in ogni momento e non diventi mai un mezzo di guerra.” La ministra ha anche ricordato le molteplici promesse fatte nel corso dell’anno di incrementare le consegne di aiuti umanitari alla popolazione civile palestinese, promesse finora rimaste in larga parte disattese. Israele aveva annunciato in primavera l’intenzione di “inondare Gaza di aiuti umanitari,” ma Baerbock ha espresso la propria frustrazione per la mancata realizzazione di tale impegno, dichiarando che “questo deve accadere, senza scuse.”
Le parole della ministra mettono in evidenza una situazione critica: il flusso di aiuti per la popolazione della Striscia di Gaza ha toccato il punto più basso nell’ultimo mese, con gravi conseguenze per i civili. Sebbene il governo israeliano dichiari di non aver imposto restrizioni alle forniture destinate alla popolazione civile, i fatti sembrano raccontare una storia diversa. Le organizzazioni umanitarie lamentano numerosi ostacoli che impediscono loro di operare in sicurezza e di portare aiuti nelle aree più bisognose.
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