Studente morto lo scorso gennaio a Perugia

Eseguita misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un diciottenne per il reato di istigazione o aiuto al suicidio

Questa mattina, personale della Polizia di Stato di Perugia ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal G.I.P del Tribunale di Perugia nei confronti di un 18enne, cittadino italiano residente a Roma, ritenuto responsabile del reato di istigazione o aiuto al suicidio ai danni dello studente universitario, trovato privo di vita – lo scorso 29 gennaio – presso un appartamento in via del Prospetto a Perugia.

La scomparsa del 19enne era stata denunciata il 24 gennaio dalla sorella, anche lei iscritta all’Università di Perugia. 

Il giovane, studente fuori sede al primo anno di Informatica, aveva fatto perdere traccia di sé a breve distanza temporale dalla sua uscita da un ostello dove alloggiava, avvenuta intorno alle ore 10 e mezza della mattina del medesimo giorno.

È stato poi il gestore dell’appartamento in cui è stato rinvenuto il cadavere del 19enne che, non riuscendo a mettersi in contatto con l’affittuario per discutere del pagamento del canone di locazione e avendo appreso dai social network la notizia di un ragazzo scomparso a Perugia, ha deciso di contattare nel pomeriggio del 29 gennaio la Polizia di Stato, temendo si trattasse della stessa persona e consentendo così agli agenti di trovare il corpo senza vita del giovane.

All’interno del monolocale, durante il sopralluogo dei poliziotti e degli operatori del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica, sono stati rinvenuti alcuni blister, anche vuoti, di farmaci del tipo oppiacei, un pc portatile, 5 telefoni cellulari e 46 sim-card. 

La stanza si presentava in ordine e sul corpo del ragazzo non vi erano segni di ferite, circostanze che, già dal primo esame compiuto dal medico legale, portavano a far presumere che la morte potesse essere ascrivibile ad un gesto volontario. 

L’essere, però, sconosciuto alla sorella e ai familiari l’affitto del monolocale ed inspiegabili la presenza di più cellulari e schede telefoniche erano fatti che rendevano necessario l’avvio di un’indagine per avere riscontro non solo sulle cause della morte ma sul contesto in cui l’evento si era verificato. 

Le dichiarazioni testimoniali assunte da familiari e conoscenti, infatti, non permettevano di trovare una plausibile spiegazione sul perché un giovane apparentemente tranquillo e senza particolari problemi potesse aver celato tali circostanze riguardanti la sua vita privata. 

Con il costante coordinamento di questo Ufficio, la Squadra Mobile e il C.O.S.C. Polizia Postale e delle Comunicazioni Umbria hanno, quindi, concentrato l’attività investigativa sull’analisi degli apparati telefonici e informatici in uso al 19enne, delle celle agganciate, dei tabulati delle conversazioni e delle comunicazioni che quest’ultimo aveva avuto in alcune chat o canali di cui era un attivo utilizzatore.

Si è trattato di un’indagine molto complessa, anche perché gran parte degli strumenti informatici erano dotati di password e nessun documento conteneva elementi per svelare i dati di accesso.  

Grazie alla particolare competenza della polizia giudiziaria delegata è stato, però, possibile accedere agli strumenti informatici ed assumere da essi informazioni fondamentali per ricostruire i rapporti che il giovane intratteneva con altre persone e soprattutto per comprendere come sia avvenuto l’evento morte.     

È emerso che la vittima, molto attenta alla propria privacy, sia nella vita reale che in rete, aveva rapporti con vari interlocutori in rete e soprattutto ne avevo stretto uno maggiormente confidenziale con un interlocutore al quale aveva confidato i suoi problemi, le sue ansie ed insofferenze rispetto alla vita universitaria e il pensiero di togliersi la vita. 

L’esame particolarmente approfondito dei contatti con questo soggetto, che utilizza più di un nick name, ha consentito di accertare che il 19enne aveva chiesto al suo amico virtuale consigli in merito alla scelta del mezzo più idoneo, più indolore per compiere quel gesto estremo, venendo più volte incitato e incoraggiato dall’indagato a farlo.

Le chat estrapolate dal lavoro certosino della polizia, particolarmente esplicite nella loro drammaticità, hanno fornito elementi gravemente indiziari sul fatto che possa essere stato proprio il suo interlocutore virtuale a confortare la scelta del 19enne di compiere il gesto mediante l’ingestione di farmaci, incoraggiandolo e rassicurandolo anche sul fatto che utilizzando gli oppiacei non avrebbe sentito nessun dolore ma piacere.

A quel punto, la vittima, dopo essersi informata con alcuni contatti “Telegram” sulle modalità di acquisto e spedizione, era riuscita ad acquistare il farmaco da un altro utente della chat, facendosi spedire il tutto in un locker inpost (punto di ritiro e giacenza pacchi). 

Il 19enne il giorno 24 gennaio si era quindi recato presso l’appartamento da lui preso in affitto, in via del Prospetto, dove, nella stanza virtuale e attraverso un colloquio intercorso su una piattaforma informatica proprio nella fase immediatamente precedente l’ingestione dei farmaci, aveva manifestato all’amico di non aver il coraggio di compiere il gesto, chiedendogli quindi un ulteriore incoraggiamento, ricevuto dall’indagato, che gli aveva fatto superare la paura inducendolo a ingerire i farmaci e a togliersi la vita.

Nella chat estrapolata dalle forze di polizia vi è un ulteriore particolare drammatico e crudo; l’interlocutore dello studente, avuta notizia da questi che i farmaci erano stati assunti, anziché chiamare i soccorsi, si preoccupava soltanto dei possibili rischi di poter essere identificato, a seguito del ritrovamento del cellulare.  

L’identificazione del soggetto nell’attuale indagato è stata particolarmente laboriosa e complessa; grazie agli accertamenti della Squadra Mobile e del C.O.S.C. Umbria sui dispositivi in uso alla vittima, è stato possibile risalire all’indirizzo IP dell’indagato – solito utilizzare più nickname nelle chat. 

Si tratta di una persona giovanissima, avendo da poco compiuto i 18 anni, incensurata e appartenente ad un contesto familiare assolutamente normale. 

Gli elementi complessivamente raccolti hanno consentito di ipotizzare a carico del soggetto indicato il delitto di istigazione o aiuto al suicidio e nei suoi confronti si è ritenuto di chiedere una misura cautelare, non solo ritenendo il pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, essendo il soggetto molto presente in rete e partecipe di molti gruppi e canali social di cui fanno parte spesso giovanissimi, ma anche un grave e concreto pericolo di inquinamento delle prove.      

Il G.I.P. presso il Tribunale di Perugia ha condiviso la prospettazione accusatoria sia in ordine ai gravi indizi che all’esigenze cautelari ed emesso la misura cautelare richiesta e cioè gli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con persone diverse da quelle del proprio nucleo familiare.

La misura è stata eseguita questa mattina ed il giovane sottoposto a perquisizione all’esito della quale sono stati sequestrati tre apparecchi cellulari che aveva in uso.  

Il provvedimento cautelare rappresenta, però, solo il primo tassello dell’indagine, ritenendo l’ufficio indispensabile proseguire gli accertamenti per comprendere come il giovane si sia procurato i farmaci che non potevano essere venduti liberamente e soprattutto le ragioni del possesso di cellulari e schede, non giustificabili con la sua vita da studente e con le sue condizioni economiche.

Grazie all’esame delle chat è stato già possibile individuare il presunto venditore dei farmaci utilizzati per commettere il gesto estremo, un soggetto anche lui molto giovane abitante in altra Regione, destinatario per tale ragione di un decreto di perquisizione emesso da questo ufficio e pure eseguito questa mattina all’esito del quale sono stati sequestrati oltre 10 mila euro in contanti e due apparecchi cellulari.

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