Il governo italiano non arretra sulla questione, ma punta a fare dei centri in Albania un pilastro della propria strategia migratoria, confermandone l’importanza nell’ambito delle politiche europee di gestione dei flussi
Il governo italiano è deciso a riattivare i centri in Albania per la gestione dei migranti, considerati un tassello fondamentale della sua politica migratoria. La volontà di portare avanti il progetto è stata ribadita nel corso di un vertice tenutosi ieri a Palazzo Chigi, a cui hanno partecipato il premier Giorgia Meloni, i ministri Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Tommaso Foti e Alfredo Mantovano, oltre ad Antonio Tajani in collegamento da remoto. Al termine dell’incontro, il governo ha confermato «la ferma intenzione di continuare a lavorare sulle cosiddette “soluzioni innovative” al fenomeno migratorio», sottolineando che i due hub in Albania torneranno operativi a breve.
I centri, situati nel porto di Shengjin per la registrazione degli immigrati e a Gjadër per l’esame delle richieste di asilo, rappresentano una risorsa strategica che l’Italia non intende abbandonare. Al contrario, sono visti come una soluzione imprescindibile, in linea con il nuovo Patto europeo per l’asilo e la migrazione che entrerà in vigore nel 2026. Questo richiederà agli Stati membri di trattenere i richiedenti asilo provenienti da Paesi d’origine sicuri alla frontiera, esaminando le loro richieste con procedure accelerate e rimpatriando coloro che non ne hanno diritto. I centri italiani attuali, con una capacità di poco più di mille posti, non sarebbero sufficienti. Gli hub albanesi, già pronti all’uso e capaci di ospitare fino a tremila persone, rappresentano un’espansione cruciale della capienza.
Un ulteriore sostegno alla decisione del governo arriva dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito come il giudice non possa sostituirsi all’autorità governativa nella definizione della lista dei Paesi d’origine sicuri né annullare tale lista con effetto generale, ma solo pronunciarsi sui singoli casi. Questa decisione, insieme al trasferimento delle competenze sui trattenimenti alle Corti d’appello tramite un emendamento al decreto Flussi, offre al governo una maggiore solidità giuridica nel portare avanti le sue politiche.
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Un altro elemento chiave è l’effetto deterrente dei centri in Albania. Il rischio per i migranti di essere trasferiti in Albania invece che in Italia sta riducendo il giro d’affari dei trafficanti, che chiedono cifre elevate per le traversate. Sapere che l’arrivo in Italia potrebbe non essere garantito dissuade molti dall’intraprendere il viaggio.
Infine, i recenti vertici internazionali hanno rafforzato la posizione italiana. Al Consiglio Europeo di Bruxelles, i leader hanno concordato sulla necessità di contrastare l’immigrazione irregolare attraverso nuovi strumenti, tra cui l’uso di hub in Paesi terzi e accordi con i Paesi d’origine sicuri. Anche Ursula von der Leyen e altri leader europei hanno espresso il sostegno a misure di questo tipo, rendendo l’esperimento italiano con i centri in Albania un modello che potrebbe essere replicato altrove.
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