Negli ultimi tempi il Governo ha messo in campo una batteria di strumenti per agevolare la crescita del Mezzogiorno, dopo che la lunga fase di crisi tra il 2008 e il 2015 ha ampliato ulteriormente il divario tra le due macro aree del Paese. A cominciare dal Credito d’Imposta per nuove assunzioni nel Mezzogiorno e i Contratti di Sviluppo gestiti da Invitalia per conto del Ministero per lo Sviluppo Economico. Rientrano sempre nell’ambito di questa batteria di strumenti agevolativi il Masterplan e i Patti per il Sud. Da ultimi, poi, il Decreto “Torno al Sud”, le Zone Economiche Speciale previste per le sole aree meridionali, e la misura prevista dal “Decreto Mezzogiorno”, in base alla quale le amministrazioni centrali dello Stato destinano alle Regioni meridionali, a partire dal 2018, una quota della loro spesa ordinaria in conto capitale proporzionale alla popolazione, all’incirca pari al 34%. In particolare quest’ultima norma può consentire di adeguare e modernizzare l’armatura infrastrutturale meridionale, condizione indispensabile per creare quel contesto adatto a uno sviluppo industriale strutturale.
Il “Piano nazionale Industria 4.0” s’inserisce all’interno delle politiche per accelerare la crescita del Paese. Uno studio della SVIMEZ sul Piano, condotto dai ricercatori Stefano Prezioso e Luca Cappellani, mette in evidenza come, nel Mezzogiorno, potrà generare ricadute aggiuntive, alla fine del periodo di implementazione della policy, quantificabili in quasi lo 0,2% del Pil nel Centro Nord. Nel Sud, tale effetto sarà più basso, attorno allo 0,03 (v. Tab. 1). A differenza di altre policy, gli effetti indotti dal “Piano Industria 4.0” poiché mirano a una modifica strutturale dello stock di capitale, favorendo le componenti a maggior rendimento, hanno carattere permanente: In altre parole, il “salto aggiuntivo” di Pil e valore aggiunto dura anche dopo la fine degli incentivi; com’è evidente, è questo un pregio non da poco.
A tal proposito la SVIMEZ fa due considerazioni: la prima che riguarda il sistema produttivo del Centro-Nord, il quale reagisce positivamente a misure che vanno nella direzione di accrescere la dotazione dei vantaggi competitivi meno diffusi e che, invece, sono cruciali nell’attuale contesto. La seconda è che nel Sud l’impatto della policy è pur sempre positivo, ma di entità assai minore, in quanto pesano su questo risultato alcuni elementi strutturali che caratterizzano l’industria meridionale: minori livelli di innovatività, più bassa diffusione delle tecnologie ICT e/o assimilabili, dimensioni aziendali comparativamente inferiori. Per di più nel Mezzogiorno i servizi di mercato sono in media estremamente frammentati, con limitate presenze in quelle attività ad elevato contenuto tecnologico/professionale. Oltre a ciò, va ricordato che durante la lunga fase recessiva la capacità produttiva dell’industria meridionale, già relativamente minore, si è fortemente contratta, con un’intensità doppia rispetto a quella del Centro-Nord. Relativamente a quest’ultimo aspetto, lo studio postula pertanto che, accanto alle misure previste dal “Piano Industria 4.0”, ne vadano previste altre in grado di accrescere le dimensioni assolute del sistema industriale, e possibilmente le sue interrelazioni con i servizi di mercato locali. In base alle stime della SVIMEZ, l’accelerazione impressa dalle misure di “Industria 4.0” al processo di accumulazione è costante: nell’intero periodo, il differenziale tra la dinamica di crescita del valore aggiunto industriale senza e con il suddetto intervento si commisura in oltre il 2% al Centro-Nord e in quasi il 6% al Sud.
Lo studio della SVIMEZ riconosce che il Piano Industria 4.0 rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto al passato. Dopo che, negli ultimi quindici anni, vi era stata una netta flessione delle agevolazioni a favore del sistema produttivo, che cominciò a delinearsi già nella prima metà degli anni 2000, diventando via via più marcata nella seconda metà del decennio e negli anni della lunga crisi. Tendenza che si è declinata in maniera difforme nel territorio e nettamente più marcata nel Mezzogiorno. Nello specifico, mentre fino al 2006-2007 gli importi delle agevolazioni concesse ed erogate nel Sud erano stabilmente superiori a quelli che affluivano alle regioni del Centro-Nord, a partire dal 2009, proprio nel periodo della lunga recessione, l’intervento pubblico ha favorito maggiormente le imprese dell’area più ricca del Paese.
I principali interventi previsti dal “Piano nazionale Industria 4.0” riguardano il prolungamento e il potenziamento delle principali misure generali di sostegno agli investimenti già esistenti, e sono stati incorporati nella Legge di Bilancio per il 2017: il super/iper ammortamento, il credito d’imposta sugli investimenti in ricerca e innovazione, la nuova Sabatini. Tali provvedimenti, ricompresi nell’ambito delle agevolazioni fiscali automatiche estese a tutta la platea delle imprese, sono divenuti pienamente operativi già a inizio 2017 (v. Tab. 2).
Per quanto riguarda il super/iper ammortamento, lo studio dei ricercatori SVIMEZ effettua una prima ripartizione territoriale della misura, dalla quale emerge, per le imprese meridionali, una quota di accesso pari al 7% delle agevolazioni stimate per l’intero paese dalla Relazione Tecnica al Disegno di Legge di Bilancio per il 2017. In valore assoluto, le agevolazioni erogate alle imprese del Sud dovrebbero quindi attestarsi intorno ai 650 milioni di euro – da ripartire nel periodo 2018-2027 – contro i circa 8,6 miliardi del Centro-Nord.
Quanto al credito d’imposta sulle spese “incrementali” in ricerca e sviluppo effettuate nel periodo 2015-2019, lo studio SVIMEZ ipotizza una quota di accesso delle imprese del Sud a tale misura pari al 10% del totale delle agevolazioni stimate dalla suddetta Relazione Tecnica. Ciò implicherebbe, per il Mezzogiorno, circa 350 milioni di euro per il quadriennio 2018-2021, contro gli oltre 3,1 miliardi assorbiti dal Centro-Nord.
Infine, per la Sabatini-ter, la nota di Prezioso e Cappellani mette in evidenza che tra agosto 2015 e settembre 2016, il Mezzogiorno ha assorbito il 10,2% delle domande, per cui le agevolazioni previste dovrebbero attestarsi, nel Sud, intorno ai 56 milioni di euro, da ripartire nel settennio 2017-2023, a fronte degli oltre 500 milioni destinati al Centro-Nord.