Taiwan testa le capacità di combattimento in un contesto di crescente tensione con la Cina

di Antonio Adriano Giancane

La crisi tra Cina e Taiwan è una delle questioni geopolitiche più complesse e delicate del mondo contemporaneo. Taiwan è un’isola situata al largo della costa sud-orientale della Cina continentale. Dal 1949, quando il governo nazionalista cinese si rifugiò sull’isola dopo essere stato sconfitto dalle forze comuniste di Mao Zedong durante la guerra civile cinese, Taiwan ha mantenuto una propria amministrazione indipendente, sviluppandosi in una democrazia prospera con una vivace economia di mercato.

Tuttavia, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) considera Taiwan una provincia ribelle e parte inalienabile del proprio territorio, sostenendo che l’unificazione con la madrepatria è inevitabile. Pechino non ha mai escluso l’uso della forza per raggiungere questo obiettivo e, negli ultimi anni, ha intensificato la pressione diplomatica, economica e militare sull’isola. D’altra parte, una parte significativa della popolazione taiwanese, insieme a molti governi e osservatori internazionali, difende il diritto di Taiwan all’autodeterminazione, vedendo la sua autonomia come un baluardo della democrazia nella regione.

La situazione è ulteriormente complicata dalle alleanze internazionali e dagli interessi strategici. Gli Stati Uniti, sebbene riconoscano ufficialmente la politica di “una sola Cina“, sono uno dei principali sostenitori di Taiwan, fornendo assistenza militare e opponendosi diplomaticamente a qualsiasi tentativo di cambiamento unilaterale dello status quo. Altri paesi della regione, come il Giappone e l’Australia, seguono con attenzione gli sviluppi, preoccupati dalle possibili ripercussioni di un conflitto nel Mar Cinese Meridionale.

La crisi si è inasprita da quando, nell’agosto 2022, l’allora Speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, ha visitato l’isola, de facto indipendente dal 1949 ma da sempre rivendicata da Pechino. Il gigante asiatico teme che Washington voglia violare la sua sovranità. Ad aprile 2023, le tensioni sono riemerse dopo l’incontro a Los Angeles tra la presidente Tsai Ing-wen e il presidente della Camera Usa, Kevin McCarthy. La Cina ha reagito con una simulazione di attacco sull’isola.

È notizia di queste ore che Taiwan utilizzerà, per la prima volta, l’esercitazione iniziata oggi, che durerà cinque giorni, per testare rigorosamente le proprie capacità di combattimento bellico. “Questa volta stiamo testando la capacità delle piccole unità di operare nel caso in cui siano tagliate fuori dai comandi più alti”, ha detto un alto funzionario militare, presentando l’esercitazione annuale Han Kuang. “L’attenzione si concentra su come adattarsi, come decidere cosa fare e in quali circostanze ingaggiare il nemico”.

L’esercitazione si svolge quindi in un contesto di crescente tensione con la Cina, che rivendica Taiwan come parte del proprio territorio e minaccia di attaccarla se Taipei resiste all’unificazione a tempo indeterminato. Fin dalla sua prima edizione nel 1984, l’Han Kuang è stato il culmine del ciclo annuale di addestramento militare di Taiwan. Dopo le esercitazioni a tavolino e le simulazioni al computer per i comandanti all’inizio dell’anno, luglio è tradizionalmente riservato a una settimana di esibizioni spettacolari.

In passato, le esercitazioni militari di Taiwan includevano simulazioni di fuoco vivo sulla spiaggia per respingere invasori anfibi cinesi, osservate da importanti politici e trasmesse in diretta televisiva. Le truppe si allenavano per settimane e i soldati venivano puniti in caso di errori. Quest’anno, tuttavia, non ci saranno prove anticipate né punizioni per i soldati. L’ammiraglio Mei Chia-shu ha dichiarato che l’esercitazione non includerà una forza nemica simulata, concentrandosi invece sull’addestramento dei paracadutisti e delle forze anfibie per la difesa del Paese. Le unità riceveranno compiti realistici con breve preavviso e non saranno usate munizioni vere per motivi di sicurezza.

Un ex generale ha interpretato questo cambiamento come un segno che la leadership militare sta adottando la guerra asimmetrica, una strategia che sfrutta le debolezze del nemico attraverso l’uso di armi mobili e piccole, piuttosto che cercare di eguagliare la sua forza con mezzi convenzionali.

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