(Giovanni Bozzetti Pres.Ambienthesis) Nata con la legge di stabilità 2014 ed Ex Tares, è la TARI (acronimo di TAssa RIfiuti) l’imposta più evasa d’Italia. Da un’analisi di Crif Ratings condotta sui bilanci dei comuni italiani che ha analizzato i mancati incassi su base pro capite relativi alla tassa rifiuti del 2016 si è scoperto che quasi una famiglia su cinque non la paga. A livello nazionale infatti, secondo il report, ogni anno manca all’appello il 20% dei corrispettivi dovuti: un ammanco pari a 1,8 miliardi di euro nel 2016 per le casse degli enti locali (nel triennio 2014-2016 si è attestato mediamente intorno ad 1,7mld annui). Capitale di questa evasione risulta essere Roma (con un tasso di riscossione sull’accertato del Comune appena al 29%): solo un romano su tre paga la Tari, gli altri due o sono evasori totali oppure non ricevono a casa nemmeno il bollettino o semplicemente non risultano in alcun database. Così, anche se l’Ama afferma di incassare quasi l’80% di quanto fatturato, sembra che invece di riscuotere i 771 milioni di euro messi in preventivo, al Campidoglio arrivino solo 230 milioni, con un mancato incasso di quasi 541 milioni nelle casse del Comune. Per non parlare del conto mai saldato dai palazzi delle istituzioni, una fiche da cento milioni (20 di governo e ministeri). A livello regionale poi è sempre il Lazio ad occupare il primo posto del podio della classifica per il mancato incasso della tassa dei rifiuti con una media di 121 euro pro capite (51% la riscossione su importi accertati), seguito dalla Sicilia (circa 77 euro), la Campania (63 euro) e la Calabria (circa 45 euro). Un grave problema per le amministrazioni comunali che hanno già spedito nelle case i bollettini per la prima tranche della Tari e che, ormai da anni, sono costrette a coprire il buco relativo al mancato incasso rastrellando risorse in origine messe a bilancio per altri servizi, spesso purtroppo dovendo risparmiare anche sulla manutenzione cittadina. Esposti in modo aggregato su base pro capite per l’ambito territoriale di riferimento, i dati relativi ai mancati incassi sono calcolati come differenza accertamenti della Tassa Rifiuti (che rappresenta in media circa il 30% del totale delle entrate tributarie) e l’ammontare effettivamente riscosso. Sebbene, infatti, la base del tributo sia legata al principio del “chi inquina paga” sancito dell’Unione Europea, il corrispettivo dovuto dall’utenza è legato esclusivamente ad elementi che esulano dall’effettivo utilizzo del servizio (ovvero superficie dell’abitazione e numero componenti del nucleo familiare), e pertanto tende ad amplificare le esternalità negative di comportamenti spesso “non etici”. Risultato: la Tari è il tributo che maggiormente si presta a non essere pagato dagli utenti data la natura “quasi universalistica” del servizio.
Ma precisamente chi deve pagare la TARI? Il presupposto è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Quindi la nuova tassa sui rifiuti prevede che la somma da versare al Comune sia dovuta dagli inquilini, indipendentemente se proprietari o affittuari. Inoltre in caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria. In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare, la Tari è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie. Nel caso invece di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati, il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della Tari dovuta per i locali e le aree scoperte di uso comune e per i locali e le aree scoperte in uso esclusivo ai singoli possessori o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo.
La TARI non è dovuta invece nel caso in cui un immobile sia chiuso, privo di arredi e senza utenze allacciate (acqua, gas, elettricità) poiché in questo modo risulta in obiettive condizioni di non utilizzabilità. L’attivazione anche di uno solo dei pubblici servizi di erogazione idrica, elettrica, calore, gas, telefonica costituisce presunzione semplice dell’occupazione o conduzione dell’immobile e della conseguente attitudine alla produzione di rifiuti, mentre l’applicazione della tassa deve ritenersi esclusa per gli immobili inutilizzati nell’ipotesi in cui gli stessi siano privi di arredi e di allacciamento ai servizi di rete. Riguardo alle pertinenze il criterio è differente rispetto a quello valido per l’IMU, che è più restrittivo: ai fini Tari non c’è un tetto al numero di pertinenze di una singola unità immobiliare. Per le imprese inoltre, la parte variabile non si calcola in base al numero degli occupanti, ma sulla base dei riferimenti decisi dagli enti locali sulla singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua nell’ambito di intervalli definiti. Infine, box, cantine e garage vanno in genere ricondotti nell’ambito delle utenze domestiche, a meno che non siano detenuti da un titolare di utenza non domestica.
Riguardo ai tempi ed alle modalità di pagamento il Comune di pertinenza stabilisce le scadenze di pagamento della TARI prevedendo almeno due rate a scadenza semestrale e in modo differenziato rispetto alla TASI con il pagamento consentito anche in un’unica soluzione (entro il 16 giugno di ciascun anno). La TARI si compone di una parte fissa ed una variabile, oltre il tributo provinciale da dover conteggiare. La parte fissa è determinata considerando le componenti del costo del servizio di igiene urbana; la parte variabile copre i costi del servizio rifiuti integrato ed è rapportata alla quantità di rifiuti presumibilmente prodotti dal componente o dai componenti del nucleo familiare. Vale la pena ricordare inoltre che il comma 7 dell’articolo 9 del decreto enti locali (convertito con la legge 125/2015) prevede che fra le componenti di costo che formano la TARI debbano essere considerati anche: «gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)». Una disposizione che permette ai Comuni di far gravare su tutti i contribuenti il mancato pagamento dell’imposta sui rifiuti e/o di altri tributi evasi negli anni precedenti dai cittadini. Tradotto, chi paga da sempre rischia di dover pagare anche per chi invece fa il furbetto ed evade, un atteggiamento incivile che grava, oltre che sulle casse del Comune, sulla cittadinanza tutta.