(di Massimiliano D’Elia) In Russia ieri decine di migliaia di persone sono scese nella piazza rossa per protestare contro l’intenzione di chiudere l’applicazione social Telegram perché ritenuta dalle autorità nemico pubblico numero uno. Una delle applicazioni di messagistica di maggior successo al mondo è sotto la lente della censura. La manifestazione è stata organizzata dal Partito libertario, tra i presenti anche uno dei leader dell’opposizione, Alexei Navalni. Tra gli slogan “Putin ladro” e “Internet libera”: proprio Navalni ha sottolineato che è “necessario battersi per il web libero” in Russia, e ha chiesto nuovamente ai moscoviti di scendere in piazza il prossimo sabato, per protestare contro l’inaugurazione del nuovo mandato presidenziale di Vladimir Putin.
La protesta contro una possibile censura di Telegram si è estesa anche all’Iran, dove si stanno diffondendo messaggi scritti sulle banconote, che secondo gli attivisti sono “i nostri messaggi non censurabili”.
A promuovere l’iniziativa un gruppo di utenti Twitter iraniani, con un riferimento implicito alle voci diffuse negli ultimi tempi, secondo cui le autorità di Teheran intenderebbero bandire in maniera permanente quella che oggi è la più popolare applicazione di messaggistica nel paese.
Alla base dei timori delle autorità e’ il fatto che telegram sia ritenuto un sistema poco controllabile e quindi relativamente “sicuro”, tant’e’ che e’ utilizzato dai terroristi per comunicare da una parte all’altra del mondo. Esiste la possibilità di attivare conversazioni segrete con la tecnologia end to end, la stessa che utilizza da poco anche whatsapp. Per questo motivo telegram e’ stato utilizzato dalle organizzazioni criminali di mezzo mondo da subito perche’ da sempre dotata della tecnologia end to end. Altro vantaggio e’ che le conversazioni e i dati non rimangono sul telefonino ma vanno direttamente sul cloud server dell’azienda. Con whatsapp, invece, tutto rimane sui dispositivi mentre sui server dell’azienda solo i numeri di cellulari che si sono contattati. Cosa significa? Che uno smartphone e’ più facile da penetrare per estrarne i dati e informazioni rispetto ad un server aziendale in cloud dove la ‘sicurezza” lo rende pressoché impenetrabile.
Poi il server cloud non ha una sede fisica e quindi tutto rimane ‘aleatorio nel mondo cyber”.