(di Maurizio Giannotti) Dai primi anni del nuovo millennio popoli e paesi di questo pianeta sono colpiti da crisi di tutti i generi sempre più difficili da governare. Queste crisi recano profondi e radicali mutamenti che sempre più spesso si manifestano in modo molto drammatico.
La stabilità raggiunta con non poca fatica dopo la fine della II guerra mondiale, tra l’altro rafforzatasi con la fine della guerra fredda, sembra davvero compromessa. Dagli anni 50 in poi la percezione di stabilità globale era qualcosa che si “respirava” e si rafforzava anno dopo anno; non senza traumi ancora persistenti in varie parti del globo, in quegli anni finalmente maturò uno stato d’animo che permise la crescita dei popoli e di cui tutti, chi più chi meno, beneficiammo. 20-25 anni fa era ancora forte la volontà di affrontare le crisi con il confronto franco e diretto tra chi era preposto al governo delle cose, le autorità nazionali e sovranazionali e soprattutto quest’ultime avevano un ruolo ed un peso decisionale e capacità d’intervento che veramente pochi si permettevano di ignorare.
Se teniamo conto di tutto quello che sta succedendo, della complessità e della gravità delle crisi, della loro espansione a ritmo crescente, sembra proprio che l’umanità tutta abbia perso il “ben dell’intelletto” e tutto questo forse dipende dal fatto che al governo delle cose non ci sono più persone preparate come un tempo, forse il loro posto è stato occupato da ambigui faccendieri e-o manutengoli impreparati, svogliati, cortomiranti e sempre più spesso profondamente disonesti.
Può essere anche questa la causa della corruzione dilagante a livello planetario?
Tutti i giorni TV e giornali ci informano ampiamente ed in tempo reale su tutti gli accadimenti, subiamo un bombardamento di notizie, un’informazione rapidamente confezionata quasi sempre edulcorata ricorrendo ad una esposizione politicamente corretta o di parte, un’informazione cotta, mangiata, digerita e nuovamente propinata ad un lettore che ormai da tempo si alimenta per procura metabolizzando acriticamente qualsiasi cosa.
Un metodo questo in parte assopito nell’immediato periodo postbellico ma che nel ’68 riprese vigore ed ebbe forte impulso nel mondo scolastico-universitario con tutto quello che ne conseguì , una cultura tuttora dominante.
Nel mondo sono sempre meno i cittadini ancora in grado di accedere a notizie veramente prive di manipolazioni e questo accade nonostante l’esistenza ai giorni nostri di un potente strumento come Internet che purtroppo, giorno dopo giorno, è sempre più compromesso di pari passo al massiccio e pessimo uso dei social.
Al riguardo può essere utile ricordare cosa scriveva nel 1995 l’astrofisico Carl Sagan nel suo libro “Demon-Haunted World: Science as a Candle in the Dark”:
” La scienza è molto più che un insieme di nozioni-conoscenze. La Scienza è un modo di pensare”
Ho un triste presentimento per quanto riguarda l’America in cui vivranno i miei figli o i miei nipoti quando gli Stati Uniti avranno un’economia basata sui servizi e sull’informazione, quando quasi tutte le industrie manifatturiere saranno spostate in altri paesi, quando i poteri straordinari della tecnologia saranno in mano a pochi e non ci sarà nessuno a rappresentare l’interesse pubblico occupandosi dei problemi,quando le persone avranno perso la capacità di programmare il proprio futuro; quando stringendo la nostra sfera di cristallo consultiamo avidamente il nostro oroscopo le nostre facoltà critiche saranno in netto declino e incapaci di distinguere tra ciò che è vero e ciò che ci fa sentir bene, scivoleremo, quasi senza accorgercene, nella superstizione e nell’oscurantismo…….. l rincoglionimento sarà ancora più evidente nel lento decadimento del contenuto sostanziale dei media più influenti, nei contenuti da 30 secondi (che si riducono a 10 o meno secondi), il minimo comune denominatore della programmazione, presentazioni credulone sulla pseudoscienza e la superstizione, ma soprattutto la celebrazione dell’ignoranza.”
Carl Sagan si riferisce agli USA ma il discorso si capisce bene che vale per tutti.
A questo punto sarebbe auspicabile che i cittadini del mondo assumendo l’informazione così come viene propinata si abituassero ad analizzare criticamente ciò che sta accadendo ed il costante fluire delle cose, gli strumenti per farlo sono disponibili e potrebbe aiutare molto elaborare mentalmente uno schema generale in cui allocare le crisi che stiamo attraversando magari suddividendole per gruppi che presentano sostanziali affinità.
E’ un esercizio che porta alla formulazione di semplici modelli che aiutano a comprendere meglio le dinamiche che scatenano le crisi con relative dimensioni, probabili interazioni tra esse e con la possibilità di ipotizzare le eventuali evoluzioni.
E’ molto probabile che questo approccio risulti utile anche per chi fa informazione in buona fede perché consente l’immediata verifica e il necessario approfondimento dell’informazione.
Un esempio (uno fra tanti) utile a comprendere quanto fin qui asserito è il deficit di informazione su quanto successo e sta succedendo in Africa, un argomento piuttosto importante per l’Italia e non solo.
In breve, dall’inizio del nuovo millennio la Cina ha effettuato enormi investimenti in Africa, sono state realizzate intere città dal nulla e nel corso degli anni il paese ha letteralmente deportato oltre 200 milioni di concittadini, anche ricorrendo allo svuotamento delle proprie carceri.
Gira l’informazione che la Cina abbia come obiettivo il trasferimento in Africa di non meno di 400 milioni di cinesi entro pochi anni.
Parallelamente il valore degli scambi commerciali Cina-Africa è passato dai 10 miliardi di US$ dei primi anni 2000 agli oltre 220 miliardi del 2014 e si stima che le entrate delle imprese cinesi impegnate nel continente passeranno da 150 a 250 miliardi di US$ entro il 2025.
Gli investimenti cinesi in Africa riguardano lo sfruttamento delle risorse minerarie, l’agrobusiness etc.., tutte attività portate avanti senza scrupoli di sorta (basta vedere lo sfruttamento della popolazione locale impiegata nell’estrazione del cromo) il cui giro d’affari dovrebbe superare i 400 miliardi di US$. entro il 2025.
Gli investitori internazionali ritengono l’Africa forse la più importante riserva planetaria di risorse minerarie come il petrolio dell’Angola e della Nigeria, il rame in Zambia, oppure l’uranio della Tanzania etc.. e in questa situazione la posizione dei governi occidentali Usa ed UE è diametralmente opposta a quella cinese e delle multinazionali impegnate in Africa; questi stati percepiscono soprattutto il continente africano come poderosa fonte di instabilità, di migrazione e di terrorismo mentre la Cina preferisce concentrarsi sul business ad ogni costo e questo, forse, è il motivo per cui i cinesi per non aver problemi, con le buone o con le cattive, invitano i soggetti più pericolosi a migrare.
Come ciliegina sulla torta, durante l’estate appena passata è stata inaugurata a Gibuti una base militare realizzata su un terreno il cui affitto annuo è superiore ai 100 milioni di Euro e in cui troveranno sistemazione oltre 10.000 militari cinesi, per fare che cosa c’è ancora da capirlo.
A Gibuti sono presenti da tempo militari di varie nazionalità, soprattutto francesi, per le operazioni di mantenimento della pace su mandato ONU e non è del tutto comprensibile questa massiccia nuova presenza perché i traffici commerciali sono protetti dalle COMBINED MARITIME FORCES nelle varie task a composizione multinazionale.
E’ chiaro che l’obiettivo della Cina è di consolidare anche militarmente la sua presenza sul Continente. Un neocolonialismo portato avanti con determinazione, in modo piuttosto ruvido, senza tanti complimenti e con atteggiamenti di dispotico sfruttamento delle popolazioni “sottomesse”.
Chi fa informazione dovrebbe chiedersi e farci sapere se i più importanti paesi del pianeta erano al corrente dell’attuazione di questo enorme piano strategico che tra l’altro ha preso il via molti anni fa, se l’ONU ne era consapevole e come lo hanno accolto i governanti dei paesi così effettivamente colonizzati. E’ molto grave che sull’argomento non ci sia una costante pressione dei media worldwide perché i lavori sono tuttora in corso e proprio noi nel Mediterraneo ne subiamo e ne paghiamo le conseguenze.
Non c’è bisogno di scomodare René Thom e la sua Teoria delle Catastrofi per sviluppare modelli che ci permettano di prevedere l’esplosione di certe crisi, oggi è sufficiente una buona informazione per capire perfettamente i gravissimi rischi che stiamo correndo e che continueremo a vivere negli anni a seguire.
E’ per questo motivo che abbiamo bisogno e dobbiamo pretendere un’informazione chiara, essenziale, facilmente interpretabile, basata su fatti reali e assolutamente indipendente, solo così i cittadini avranno le indispensabili giuste conoscenze che gli permetteranno di programmare e governare con successo il proprio futuro.