Tra le norme che disciplinano il Terzo settore, quelle fiscali sono sempre state le più difficili da decifrare, sia da chi opera all’interno degli enti sia da chi se ne occupa come professionista. Le numerose specificità giuridiche delle organizzazioni, la particolarità delle attività svolte, le interpretazioni spesso discordanti fornite dagli esperti hanno reso davvero difficile l’impresa di districarsi tra gli aspetti fiscali.
Per questo le aspettative riposte nella riforma del Terzo settore vanno nella direzione della semplificazione e della chiarezza.
Secondo Carlo Mazzini, consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti non profit, la riforma ha apportato molte novità anche sul versante fiscale degli Ets, ma a fronte di diversi nodi sciolti dal nuovo testo normativo ne restano altri che, con ogni probabilità, continueranno a generare dubbi e perplessità.
Particolare attenzione si dovrà rivolgere, alle novità legate alle agevolazioni fiscali riservate a chi effettua donazioni in favore degli Ets e a come queste incentiveranno il sostegno economico alle organizzazioni. Altro tema di portata considerevole, su cui la riforma traccia novità di rilievo, è quello dell’individuazione delle attività cosiddette commerciali, della loro incidenza sul bilancio dell’ente e del relativo trattamento fiscale. Su questo fronte restano difficoltà tecniche di inquadramento, ma la riforma, rileva Mazzini, va chiaramente nella direzione di agevolare l’accesso al “mercato” da parte degli Ets.
In attesa dell’emanazione dei decreti attuativi che anche sul fronte fiscale contribuiranno a disegnare più dettagliatamente i confini e le regole del gioco, il ruolo dei Centri di servizio per il volontariato si conferma molto difficile ma determinante nell’orientare le organizzazioni nel non facile passaggio di recepimento del Codice del Terzo settore.