Continua la guerra dei proclami e delle minacce verbali. Molti alti funzionari e consiglieri di Trump avevano invitato il Presidente a non cadere di stile, a non cadere in basso e rispondere alle provocazioni del leader della Corea del Nord. Il Capo del Dipartimento di Stato Usa, Tillerson ieri aveva detto che il Presidente Trump utilizzava la stessa tecnica comunicativa di Kim Jong un, perchè era l’unica che poteva essere compresa dal leader comunista, visto che non aveva capito la strada diplomatica. Sulla frase “furia e fuoco”, pronunciata dal Presidente Trump martedì scorso nel New Jersey, molti dei suoi più stretti collaboratori, hanno detto che non era una frase di una strategia studiata. Il Presidente Trump, a quanto pare, ha agito di impulso. Molti senatori del congresso a livello bipartisan hanno criticato il Presidente Trump per il modo in cui sta gestendo la situazione. Nel frattempo la battaglia delle parole stanno generando non pochi problemi alle borse mondiali. Trump dovrebbe pensare prima di profferire frasi che alimentano instabilità e tensioni inutili. La vera vittoria è aver ottenuto l’inasprimento delle sanzioni da parte dell’Onu a carico della Corea del Nord, per un danno economico stimato in 3 miliardi di dollari all’anno. L’altra vittoria è stata che, durante la votazioni delle citate sanzioni sia la Cina sia la Russia non hanno opposto il veto. Due vittorie da portare a casa da parte dell’Amministrazione Trump. Le parole di Kim Jong Un, sono solo parole e tali dovranno rimanere. Lo scenario di una guerra in quell’aria è tutt’altro che rassicurante. L’effetto a catena dei coinvolgimenti dei Paesi limitrofi è imprevedibile e da scongiurare a tutti i costi.
Tornando ad oggi, Donald Trump, incurante delle polemiche, ha alzato ulteriormente i toni contro Pyongyang replicando alle ultime minacce del regime di Kim Jong-un: “Forse le mie parole finora non sono state abbastanza dure”. La Corea del Nord deve stare attenta, o sarà nei guai come pochi Paesi sono mai stati prima”. E a chi gli chiede della possibilità di un attacco preventivo da parte degli Usa, il presidente americano risponde: “Vedremmo cosa accadrà. Poche ore prima le autorità nordcoreane avevano ribadito non solo la volontà di sferrare l’attacco contro Guam, isola avamposto territoriale e militare Usa nel mar delle Filippine, ma avevano anche anticipato come si stia “seriamente” valutando il lancio “contemporaneo” di 4 missili a raggio intermedio Hwasong-12 per intimidire gli “asset” di Marina e Aeronautica americane. Intanto i mercati tremano, con le Borse europee tutte in calo e Wall Street che chiude la sua peggiore giornata dal 17 maggio. Anche la Borsa di Tokyo è scivolata ai minimi degli ultimi due mesi e mezzo, con l’indice Nikkei che ha perso altri 8,97 punti. Il piano di Pyongyang per colpire Guam è riassunto dal generale Kim Rak-gyom, a capo delle unita’ balistiche speciali dell’Esercito popolare di Corea, e prevede la sua completa definizione per metà agosto consegnando poi l’ordine di esecuzione nelle mani del leader Kim Jong-un. Il surreale dispaccio in inglese dell’agenzia Kcna fornisce una ricca e dettagliata serie di particolari: traccia la rotta dei missili che taglieranno i cieli delle prefetture giapponesi di Shimane, Hiroshima e Kochi per la traiettoria verso sud di “3.356,7 km in 1.065 secondi (quasi 18 minuti) prima di atterrare nei 30-40 km da Guam”. La mossa vuole “interdire le forze nemiche sulle maggiori basi militari di Guam e mandare l’avvertimento cruciale agli Stati Uniti”, dopo il monito su “fuoco e furia” del presidente Donald Trump nel caso Pyongyang insista sulle minacce belliche verso Washington. “Un dialogo sano non è possibile con una tale persona priva di ragione e solo una forza assoluta può funzionare con lui”, e’ il commento poco tenero del generale Kim Rak-gyom. La reazione dei Paesi vicini non s’e’ fatta attendere: la Corea del Sud ha riunito il Consiglio sulla sicurezza nazionale, promesso una “forte e risoluta reazione” agli attacchi del Nord insieme agli alleati (Usa in testa) e richiesto di interrompere le provocazioni e di tornare al tavolo negoziale ritenendo che il dialogo sia ancora possibile a patto che il Nord cooperi. Il Giappone ha assicurato di poter intercettare e abbattere i missili che attraverseranno il suo spazio aereo nel viaggio verso Guam, ha detto in parlamento il ministro della Difesa Itsunori Onodera, appena rinominato. La mossa sarebbe un colpo alla forza di deterrenza degli Usa verso azioni ostili contro il Giappone, che, invece, potrebbe ricorrere al diritto di “autodifesa collettiva”, nell’interpretazione sposata dal parlamento pochi anni fa, mettendo in campo i sistemi antimissile Aegis. Trump ha fatto il punto coi suoi collaboratori e il Pentagono ha riferito che “non c’e’ alcun segnale di attività imminenti da parte della Corea del Nord”. Anche se l’amministrazione Usa è divisa sul da farsi, tra chi sostiene la linea dura del presidente e chi predica maggiore prudenza, anche per lasciare aperto uno spiraglio alla soluzione diplomatica a cui si lavora dietro le quinte. Guam, isola di 544 km quadrati e abitata da 162.000 persone, dista circa 3.400 km da Pyongyang: ospita 7.000 militari, in gran parte di Marina e Aeronautica concentrati nella base Andersen, con il 36° Stormo, rafforzato dai bombardieri strategici B-52 e B-1B, e dai sofisticati sistemi antimissile Thaad, posizionati di recente anche in Corea del Sud. La Corea del Nord ha reagito con decisione alle nuove sanzioni decise dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu dopo i due lanci di vettori balistici intercontinentali dello scorso mese, di cui uno fatto il 4 luglio con l’uso di un Hwasong-14 nel giorno della festività americana dell’Independence Day. Gli Usa, secondo fonti dell’intelligence, ritengono che Pyongyang controlli il processo per la miniaturizzazione di una bomba atomica, passaggio cruciale per ergersi a rango di potenza nucleare. La Corea del Nord, dal canto suo, si sente autorizzata a continuare i programmi nucleari poichè si sente minacciata dalla presenza americana nella Corea del Sud e dalle esercitazioni congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, con l’appoggio del Giappone.
di Massimiliano D’Elia
Foto L’Eco dell’Alto Molise