Negli ultimi giorni il Presidente americano Donald Trump ha davvero rotto tutti gli equilibri del globo. La questione coreana, iraniana, il clima, l’obamacare, l’Unesco, la Nafta e così via, sono tutti piccoli tasselli di un puzzle che si regge a fatica. Trump ha deciso di toccarli tutti insieme per rifare, probabilmente, un nuovo puzzle mondiale. La coerenza è quella che contraddistingue l’inquilino della Casa Bianca, lo aveva detto in campagna elettorale, “America first” e così sta facendo. Prima gli interessi americani e poi tutto il resto. Le precedenti amministrazioni sono state molto attive nel tessere tele internazionali per una pace apparentemente duratura, una stabilità che consentiva di poter tenere a bada il debito pubblico americano e le ombre di una crisi finanziaria, quella dei subprime, senza precedenti. In un contesto internazionale di stabilità, tanti sono stati i Paesi che hanno comprato parte del debito pubblico americano, Cina in testa, e grazie a questo baratto “silente” hanno potuto far crescere il proprio interscambio commerciale ed aumentare la propria influenza internazionale. In questa panacea l’Onu, imbeccata dagli Usa, ha solo imposto sanzioni e embarghi a Paesi non allineati e strategicamente considerati ostili. L’Iran, la Russia, la Corea del Nord ne sono un esempio. Questi embarghi “fantoccio” non hanno funzionato, anzi hanno dimostrato che le risoluzioni Onu non servono a nulla. Esempio è la questione della Siemens tedesca che ha venduto alla Russia turbine a gas, per fronteggiare questioni energetiche locali con l’Ucraina. La Corea del Nord commercia tranquillamente con la Cina e i coreani sparsi per il mondo mandano i propri guadagni direttamente in Corea del Nord per sostenere il regime. Russia, Turchia, Iran e Qatar, tranquillamente hanno aumentato gli interscambi commerciali, per combattere i vari embarghi imposti. L’Arabia Saudita ha stipulato accordi commerciali per forniture militari con gli Usa per un controvalore di decine di miliardi di dollari, ma ha anche fatto accordi con la Russia per sistemi di difesa missilistica S 400. Proprio con la Russia che sta aiutando il Qatar che dallo scorso giugno è vittima di boicottaggio da parte dei paesi del golfo che hanno accusato Doha di collegamenti e aver fornito aiuti al terrorismo islamico. L’Iran “sciita”, oggi fa affari e aiuta il Qatar “sunnita”. Insomma non c’è più un equilibrio. Tutti fanno i propri interessi per la sopravvivenza delle rispettive nazioni. Gli Usa che si consideravano, tutori della sicurezza planetaria, hanno allentato la loro forza persuasiva mondiale. Tante le superpotenze emergenti che utilizzano la deterrenza nucleare, quale merce di scambio.
Nel contesto dinanzi citato si inserisce la nuova politica internazionale di Donald Trump, avversata da tutti sia all’estero sia in casa. Trump ha capito che la situazione internazionale sta assumendo connotati pericolosi. In sintesi, troppi galli a cantare. Gli Stati Uniti d’America oggi vogliono ridisegnare il puzzle mondiale e ritornare ad essere l’ago della bilancia per una pace duratura, reale, facendo ritornare tutti i “galli”, nelle proprie aie. È una politica rischiosa, ma va portata avanti senza indugio, costi quel che costi, anche con nuovi fronti di guerra. Occorre far capire di nuovo a tutti che Usa, Nato e perché no Unione Europea, possono davvero costituire il nocciolo duro per la stabilità mondiale. Gli Stati Uniti d’Europa, con una politica di difesa, sicurezza e politica estera comune, potrebbero fare la differenza nel costituente nuovo scacchiere internazionale. Mi auguro che Francia, Germania e Italia prendano in mano l’Europa per condurla, in un processo di unificazione virtuoso, verso un traguardo da raggiungere in fretta e che se intrapreso, la vedrà sicura e legittima protagonista, nelle vesti di nuova superpotenza mondiale, libera ed indipendente dai condizionamenti e dai dettami anglosassoni.
Appare evidente in tutto ciò la lungimiranza dell’uomo politico più criticato di sempre, quel Donald Trump che nell’ostracismo generale sta provando a rimediare ad anni di sottovalutazione dei problemi internazionali di cui il suo predecessore Obama si è reso responsabile nel corso dei suoi due mandati presidenziali. Perseguendo l’obiettivo impostosi durante la campagna elettorale proprio con il suo slogan “America First”, Donald Trump, non è il “mad man” spesso definito dai suoi avversari, ma determinato a riportare gli Stati Uniti nella cosiddetta “cabina di regia” dello scacchiere mondiale, e considerata la sua buona predisposizione verso la nostra Europa, sarebbe imperdonabile restare fuori dai giochi anche in questa ghiottissima occasione.
Massimiliano D’Elia
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